La Sea, la società di gestione degli aeroporti di Milano, ieri si è presentata alla comunità finanziaria avviando il road show in vista della quotazione in Borsa. Ma la data cruciale dista ancora 10 giorni: solo il 30 novembre, alla fine dei contatti con gli investitori, sarà presa la decisione finale, se cioè entrare nel listino di Piazza Affari (il debutto sarebbe il 6 dicembre) oppure se rinunciare. L'incognita, che non è da poco, ruota intorno al prezzo. Le banche advisor hanno fissato una forbice (piuttosto larga) fra i 3,2 e i 4,3 euro per azione, che corrispondono a una capitalizzazione tra gli 800 e i 1.075 milioni. I valori bassi rischiano di scontentare la Provincia di Milano, socia al 14,5% tramite Asam, che potrebbe decidere di non mettere in vendita la propria quota. Se così fosse - come ha detto il presidente di Sea, Giuseppe Bonomi - salterebbe l'operazione. Mentre la quota principale di azioni in collocamento è al servizio di un aumento di capitale, la Provincia venderà il proprio pacchetto, e pur alle prese con vincoli di bilancio, il suo interesse è vendere senza svendere.
Secondo indiscrezioni, l'ente potrebbe «accontentarsi» di una valutazione non inferiore ai 900-930 milioni, che significherebbe un incasso di circa 130 milioni. In parallelo, mugugna F2i,il secondo azionista dopo il Comune di Milano, che lo scorso anno ha pagato il suo 29,75%, 385 milioni, pari a una valorizzazione dell'intera Sea di 1.297: vedersela oggi stimare un minimo di 800 sicuramente avvelena gli animi di Gamberale & C., che dovrebbero svalutare la partecipazione. Se la Provincia mandasse all'aria la quotazione, F2i potrebbe essere il compratore diretto di quella quota, ma in tempi non brevissimi: essendo il venditore un ente pubblico, andrebbe infatti bandita una gara, superando così il 31 dicembre. F2i è interessata poi a non diluirsi, e per questo l'orientamento, in caso di quotazione, è di acquistare azioni al collocamento. Ci sono altre due, diciamo così, anomalie legate alla quotazione. Due banche che si sono aggiunte al gruppo degli advisor, Deutsche bank e Bnp Paribas, risulterebbero anche esposte con la Provincia; quindi potrebbero avere la tentazione di spingere la quotazione perché il loro debitore passi all'incasso. L'altra è legata ai nomi di Intesa Sanpaolo (attraverso Banca Imi) e di Unicredit, che siedono contemporaneamente al tavolo degli advisor e nell'azionariato del socio «scomodo» F2i.
L'offerta prevede condizioni di favore per i dipendenti e per gli acquirenti lombardi. Ieri è stato sottolineato che il 70% dell'utile netto sarà distribuito come dividendo, per rendere appetibile la società.
Nelle 660 pagine del prospetto informativo si trovano anche alcune informazioni relative al presidente Bonomi, che nel caso non dovesse essere riconfermato nel ruolo di amministratore o direttore generale di Sea vedrebbe scattare una liquidazione di 1,7 milioni di euro, a fronte di una retribuzione che nel 2011 è stata di circa 900mila euro (incluso un bonus di 260mila).
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