Lo spettro Mps per le banche venete

Con la statalizzazione coinvolti bond subordinati in mano a 10mila famiglie e pmi

Lo spettro Mps per le banche venete

Dopo aver spento i sogni di 170mila soci e prosciugato le disponibilità del Fondo Atlante per evitarne il bail-in, Popolare Vicenza e Veneto Banca rischiano di finire in mano allo Stato come è accaduto al Monte Paschi. Con l'esito di far pagare il conto della crisi, non più solo agli azionisti, ma anche alle famiglie e ai piccoli imprenditori che hanno puntato 200 milioni sulle loro obbligazioni subordinate: 146 milioni in quota Vicenza, il resto a Montebelluna. Così vuole la normativa del burden sharing: sulla base dei lotti minimi, si può stimare siano coinvolti 9-10mila mini-obbligazionisti, cui aggiungere gli istituzionali cui fa capo altri 1,1 miliardi di bond «pericolosi». Titoli poco liquidi che ieri, a riprova dell'arroventarsi del clima, pagavano un rendimento teorico del 25-28%.

L'ombra della statalizzazione per le ex banche di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli si può sintetizzare così: il Fondo Atlante, dopo il recente esborso di 500 milioni per ripulire Etruria & C, ha in cassa 1,7 miliardi. Briciole se, come sembra, l'Italia sta trattando con la Vigilanza una ricapitalizzazione precauzionale da 5 miliardi per arginare la mole delle sofferenze delle due ex popolari destinate a sposarsi. Una possibile via di uscita per i piccoli soci è tuttavia l'offerta di transazione che propone agli azionisti azzerati un indennizzo (9 euro a Vicenza, il 15% del prezzo di acquisto a Veneto Banca) in cambio della rinuncia a ogni rivalsa per i danni subiti. Un modo per ripulire il gruppo prima dell'aumento, dove prende piede anche l'idea di un warrant per invogliare i soci ad aprire il portafogli (il prezzo sarebbe di 10 cent, lo stesso di Atlante).

L'ingresso dello Stato nella nuova realtà è infatti considerato scontato, ma il problema sono i rapporti di forza. Cioè se il Tesoro sarà il nuovo padrone di casa come a Mps, oppure se Atlante salverà la maggioranza dei millesimi del «condominio» (ora ha più del 90% di entrambi gli istituti), magari a fianco di un altro investitore.

Da qui il piano di emergenza sul tavolo di Fabrizio Viola, da poco chiamato a tentarne il risanamento. Come con Mps, il percorso comprenderebbe la conversione dei bond subordinati in azioni, che secondo le attese degli operatori - potrebbe valere 500-700 milioni. Il resto si giocherà su dimissioni e tagli: si parla di valorizzare, oltre agli immobili, sia la Sgr Arca (le due ex popolari hanno il 19,9% a testa) sia Bim (controllata da Veneto Banca al 71%). Con un duplice obiettivo: fare cassa e ridurre la mole dell'aggregato e quindi l'ammontare della ricapitalizzazione necessaria. Prevista poi una bad bank da 9 miliardi per le sofferenze e la riduzione della rete, con 2.400 esuberi attesi.

Dal punto di vista della ricapitalizzazione, molto dipende da Francoforte, ma i soci di Atlante e capo di Qaestio Alessandro Penati sono a un bivio: o accettano la Caporetto e consegnano le due malate allo Stato, «bruciando» i 3,5 miliardi spesi (2,5 in sede del primo aumento a magio e 1 a dicembre), oppure raddoppiano.

Il dibattito è serrato anche perché la mazzata della Bce arriva nove mesi dopo la tentata quotazione in Borsa sotto gli occhi di Authority e advisor. Ma in caso di ritirata la crisi del credito, con tre banche in mano pubblica, crescerebbe di magnitudo con un problema politico per il governo Gentiloni.

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