Telecom-Tronchetti è scontro totale

MilanoÈ un Marco Tronchetti Provera che contrattacca quello che ieri ha deciso di presentarsi nell'aula del Tribunale di Milano dove si celebra il processo a suo carico per ricettazione, residuo del caso dei «dossier illegali».
Da una parte c'è la Procura della Repubblica di Milano che lo accusa di avere utilizzato i servigi della security di Telecom Italia nella lunga guerra per il controllo di Tim Brasile, arrivando a farsi consegnare i dati raccolti dagli spioni di Giuliano Tavaroli dai computer degli investigatori rivali della Kroll; dall'altra i nuovi vertici di Telecom lo accusano di avere danneggiato l'azienda e hanno ieri ottenuto di costituirsi parte civile contro l'ex presidente.
Tronchetti si difende attaccando: in aula, con una appassionata autodifesa in cui si proclama estraneo alla «sporca guerra» condotta dai Tavaroli-boys; ma anche giudiziariamente, decidendo - ed è una scelta meditata a lungo - di citare in giudizio per danni la stessa Telecom: la gestione di Franco Bernabè, chiamata a chiudere ogni ponte con la passata era Tronchetti, ha deciso di chiederne conto all'ex presidente. Ma ieri è arriva la sua contromossa.
Al centro del processo per ricettazione c'è il cd che Tavaroli ricevette dai suoi hacker nel 2005, con i dati sottratti a Kroll, e che girò ai vertici dell'azienda.
Dice ieri Tronchetti ai giudici: «Non avevo dubbi sull'operato dei miei collaboratori; certamente non degli avvocati, ma neppure del signor Tavaroli, che fino a quel momento si era dimostrato meritevole della fiducia della società e non c'era motivo di dover dubitare sulla liceità dell'acquisizione di quel materiale o delle modalità con cui essa era avvenuta». Oggi, dice ancora Tronchetti, siamo di fronte a «una storia inquietante in cui il mio nome viene usato per distogliere l'attenzione dai veri colpevoli».
Ma a insospettire la Procura, e a convincerla a portare Tronchetti a processo, è stata in particolare la testimonianza della segretaria dell'ex presidente: «Fu lui a dirmi che sarebbe arrivata una busta e che dovevo consegnarla a Tavaroli».


L'intricata storia dei dossier di Telecom è resa ancora più complessa dall'alternarsi finora di sentenze di segno opposto. In uno dei processi è stato stabilito che Tavaroli e i suoi boy agivano nell'interesse dei vertici. Ma un'altra sentenza ha sancito il contrario.

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