Tornare ai livelli di giugno, quando lo spread era ai più sconosciuto quanto l’ameba unicellulare. Farlo sparire da quel lessico quotidiano ansiogeno fortificato dalla crisi del debito sovrano. Si può? Certo, anche se per riportarsi sui valori d’inizio estate il differenziale Btp-Bund dovrebbe retrocedere di oltre un centinaio di basis points rispetto ai 290 punti toccati ieri. La missione è tutt’altro che impossibile: «A giugno, prima del delirio, eravamo a 180 punti base, fino a quel livello si può tornare tranquilli senza colpo ferire». A parlare non è un inguaribile e pericoloso ottimista, ma il direttore generale del debito pubblico, Maria Cannata. Ovvero, la manager che ha vissuto in trincea l’attacco frontale sferrato ai bond tricolori. «Mesi di tunnel faticosissimi», passati andando a caccia di investitori latitanti. Mesi di porte chiuse. Di diffidenza. Ma adesso è mutato il vento, «è cambiata innanzitutto la fiducia nell’Italia, mentre nella Ue si è risolto, almeno temporaneamente, il problema greco, che era la spada di Damocle». E certo la decisione con cui ieri il fondo salva-Stati, Efsf, è stato autorizzato a sbloccare la prima parte degli aiuti per 39,4 miliardi, contribuisce a stemperare le tensioni.
Con la consapevolezza che un abbattimento dello spread fino ai 20-30 punti del 2008 «non è realistico», finalmente si può giocare a parti invertite: «Una marea di investitori ci vengono a trovare: in passato, ero io che mi muovevo sempre, ora vengono loro». Ed è lì, in prima linea, che Cannata vuol restare («A me piace questo tipo di lavoro, mi piace stare sul pezzo»), a dispetto delle indiscrezioni che la vorrebbero seduta sulla poltrona di direttore generale di via XX Settembre al posto di Vittorio Grilli, divenuto viceministro dell’Economia nel governo Monti. Chi sono gli ex invisibili che bussano alla porta del Tesoro? Sono i fondi di investimento di Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, con una spruzzata di Asia, soprattutto Cina. «Dagli Stati Uniti, dopo la visita del premier Monti, arriva qualcosa di sporadico». Gli Italy Bond tornano quindi a essere appetibili anche oltre confine, non solo alle nostre banche impegnate nell’allocazione dei generosi fondi concessi dalla Bce. Così le aste non sono più l’incubo della hopeless summer, quando rendimenti superiori al 7% sembravano portare il Paese dritto verso il punto di non ritorno finanziario.
Prendete l’asta dei Btp di ieri: un altro successo. Sia in termini di domanda (quasi 10 miliardi di euro, a fronte dei 6 miliardi piazzati), sia sotto il profilo dei rendimenti (il nuovo benchmark triennale ha spuntato un tasso del 2,76%, ai minimi dal novembre 2010, quando appena nel dicembre scorso rendeva il 5,3%). «L’asta è andata molto bene, la domanda è stata abbondante e il prezzo è stato inferiore a quello di mercato», il commento soddisfatto di Cannata.
Si può così cominciare a riprogrammare il futuro. Fare un pensierino sul ripristino delle scadenze più lunghe del decennale, in modo da distribuire meglio i rimborsi e allungare la vita media del debito, che a fine febbraio era di 6,84 anni. Confortati anche dal fatto che a fine 2011 le emissioni di titoli di Stato previste per quest’anno erano attorno ai 450 miliardi, mentre adesso «siamo più vicini ai 440 miliardi». Il merito, oltre che del miglioramento della situazione e del calo degli spread (oggetto della riunione di ieri del Comitato per la stabilità finanziaria cui ha partecipato anche il premier Monti), è della minore richiesta sul mercato di Bot con scadenze brevi. «Potremo fare prima una riapertura di un titolo vecchio per saggiare mercato e poi un titolo nuovo», anticipa Cannata. Per la verità un bond nuovo di zecca già c’è: è il Btp Italia, con durata quadriennale, indicizzato all’inflazione italiana.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.