Treni Usa su un binario morto ma la Fed vuole alzare i tassi

Oltre 290 convogli Union Pacific fermi nel deserto dell'Arizona: non ci sono merci da trasportare

Binario triste e solitario. In mezzo al deserto dell'Arizona ci sono 292 serpentoni d'acciaio adagiati, come elefanti morenti, sulle rotaie. Fermi a a prender polvere. Sono i 292 convogli merci della Union Pacific, parcheggiati lì perchè non hanno nulla da trasportare. Soprattutto carbone, i cui carichi in aprile sono crollati del 40% rispetto a un anno prima. Ma è l'intero traffico ferroviario, sceso il mese scorso dell'11%, a essere in sofferenza. Una spia del malessere dell'economia reale (non quella di carta di Wall Street gonfiata spesso dagli estrogeni dei buyback) che contrasta con la schiarita congiunturale con cui la Federal Reserve, nelle minute dell'ultima riunione del Fomc, ha sdoganato la possibilità di un rialzo dei tassi in giugno.

Allo stile di comunicazione ondivago (per non dire sgangherato) della banca centrale, che un giorno dice una cosa e l'altro ne dice un'altra che contraddice la prima, i mercati stentano ad abituarsi. Non potendo comportarsi diversamente, mercoledì sera hanno preso atto dell'ennesimo giro di valzer della Fed, aggiustando da zero a 30% le chance di una stretta il prossimo mese. Resta però qualche dubbio sul fatto che siano maturi i tempi per un giro di vite così ravvicinato: o la crescita economica sta davvero dando segni di vita dopo l'encefalogramma piatto del primo primestre (+0,5% il Pil) e il mercato del lavoro si rimette a correre, oppure è verosimile che Eccles Building resti in stand by. Anche per una ragione esterna: alzare il costo del denaro una settimana prima del referendum sulla Brexit potrebbe rivelarsi un boomerang, in caso di vittoria del fronte del sì. Il governatore della Fed di New York, William Dudley, ammette: «Il voto sulla Brexit complica le decisioni» sui tassi, che potrebbero salire in giugno o luglio se i dati confermeranno l'outlook positivo. Un ottimismo che non pare condiviso da Moody's: l'agenzia di rating ha infatti rivisto ieri al ribasso le stime di crescita degli Stati Uniti per il 2016 al 2%, dal 2,3% precedentemente previsto.

Rispetto a un quadro meno perturbato a livello internazionale (ma la Cina resta una mina vagante da non perdere di vista), quello interno presenta parecchie criticità. Come dimostra appunto il singhiozzante andamento degli affari delle compagnie ferroviarie, costrette a parcheggi forzati dei propri convogli con costi non indifferenti. Oppure, come si vede dal rallentamento subìto dalla velocità di circolazione della moneta, sceso per la prima volta sotto la soglia di 1,5, segno che i consumatori sono estremamente cauti quando si tratta di aprire il portafoglio. D'altra parte, è stata proprio la Fed a mettere in luce che gli americani non se la passano proprio bene: il 47% della popolazione non è infatti in grado di affrontare una spesa imprevista senza aver preso denaro in prestito, oppure senza aver venduto qualche proprietà personale.

Poi, certo, c'è chi sta messo ancora peggio, tipo i senzatetto di Los Angeles il cui numero è cresciuto dell'11% nell'ultimo anno.

RPar

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