Dei grandi capi dell'auto tedesca, non uno ha marcato visita: c'erano l'ad di Bmw, Harald Krüger, il ceo di Volkswagen, Herbert Diess e l'amministratore delegato di Daimler, Dieter Zetsche. Tutti pronti a rispondere alla convocazione dell'ambasciatore Usa a Berlino, Richard Grenell, e ad ascoltare la proposta che mai si sarebbero aspettati: «Azzeriamo tutte le tariffe». Un clamoroso dietrofront da parte di Donald Trump, che fino all'altro ieri minacciava di colpire l'industria europea delle quattroruote con dazi aggiuntivi del 25%. La Casa Bianca porge insomma il classico ramoscello d'ulivo attraverso lo sbianchettamento di tutto ciò che finora ha regolato l'interscambio commerciale fra Usa e Ue sulle auto. Ovvero, l'eliminazione della tassazione del 10% sulle vetture a stelle e strisce importate in Europa e la contestuale cancellazione delle imposte che gli Stati Uniti impongono alle auto (2,5%) e ai camion (25%) che dal Vecchio continente arrivano sul suolo americano.
Un do ut des certo gradito dall'industria automobilistica tedesca e dai mercati, dove i titoli del comparto sono saliti del 3,41% (Eurostoxx 600) e Fca è arrivata a guadagnare il 5,8%. Ma, al di là della reazione delle Borse, la mano tesa del tycoon va letta in chiave politica, più che come un tentativo di raffreddare le tensioni commerciali. La retromarcia è infatti legata alla volontà di isolare la Cina, un nemico ancor più nemico di quella Germania con cui il tycoon ha pur battibeccato in più occasioni (sull'euro come strumento di svalutazione competitiva; sul debordante surplus; sull'apporto insufficiente offerto alla Nato). Dalla mezzanotte di oggi (ora cinese), tra Washington e Pechino è ormai guerra aperta a causa dell'introduzione da parte Usa di tariffe punitive per un valore di 34 miliardi di dollari su 818 prodotti del Paese del Dragone. Che ha subito risposto con contromisure di pari ammontare.
A Trump deve essere arrivato alle orecchie il tentativo di Pechino di creare un asse con Bruxelles per denunciare di concerto le pratiche commerciali Usa. Anche se l'Europa ha opposto un garbato rifiuto alla proposta cinese di alleanza, il problema per The Donald è che il binario su cui l'Ue ha scelto di muoversi non prevede la negoziazione di accordi bilaterali, ma punta a riportare le discussioni nell'alveo dell'organizzazione per il commercio mondale.
Per quanto l'offerta Usa ai boss dell'auto tedesca fosse allettante, ieri Angela Merkel ha fatto capire chiaramente questa posizione: «Bisogna assicurare la parità di trattamento di tutti i partner commerciali», ha spiegato la Cancelliera, perché altre soluzioni «non sarebbero conformi» con le regole del Wto. E ciò sarà ripetuto a fine luglio dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, nel corso della sua visita a Washington. Resta da vedere se Trump avrà voglia di ascoltarlo.
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