La Fed «non sa quello che sta facendo» e dovrebbe abbassare i tassi di interesse. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dopo i dati positivi sul lavoro pubblicati ieri, ha lanciato l'ennesimo attacco al presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, accusato di non fare abbastanza per stimolare l'economia Usa. «Se avessimo una Fed che abbassa i tassi di interesse, andremmo come un razzo», ha aggiunto il presidente Usa sottolineando la bontà delle ultime rilevazioni statistiche sull'occupazione.
Dopo la battuta d'arresto subita a maggio sul fonte delle nuove buste paga del settore non agricolo, il mercato del lavoro statunitense è tornato a dare segnali di vitalità. I cosiddetti nonfarm payroll sono infatti cresciuti a giugno di 224mila unità, superando nettamente le attese degli analisti che prevedevano un +160mila. Il dato sembra in un certo senso «riprendere il discorso» da dove era stato lasciato ad aprile, quando il numero di nuovi contratti era stato identico, prima del passaggio a +75mila nel quinto mese dell'anno. A crescere leggermente - l'incremento è di un decimo di punto percentuale - è quindi la disoccupazione, attesa stabile, che si attesta invece al 3,7%, dopo due mesi vissuti sui livelli più bassi dal dicembre 1969. Mentre i salari medi orari salgono dello 0,2% rispetto al mese precedente, rallentando rispetto al +0,3% messo a segno in maggio. I nuovi posti di lavoro, segnala il Bureau of Labor Statistics, sono stati creati in particolare nei servizi professionali e commerciali, nell'assistenza sanitaria e nel trasporto e magazzinaggio.
La prossima riunione del braccio di politica monetaria della Fed è fissata per il 30 e 31 luglio. «Le condizioni per una politica in qualche modo più accomodante si sono rafforzate», aveva confermato dopo il vertice di giugno Powell, il cui mandato comprende sia la stabilità dei prezzi che il perseguimento della massima occupazione. E proprio l'incremento superiore alle attese dei posti di lavoro potrebbe indurre Powell a riflettere sull'opportunità di rendere ancor meno restrittiva la politica monetaria. Tanto più che nel rapporto semestrale depositato al Congresso in vista della testimonianza di Powell, in calendario il 10 e 11 luglio prossimi, la banca centrale americana ha citato alcuni «rischi di breve termine che potrebbero generare conseguenze significative per gli Stati Uniti». Due rischi notevoli sono europei: un no deal sulla Brexit, che resta un esito possibile, e i conti pubblici italiani. Questi sviluppi negativi potrebbero indurre la Fed ad adottare un atteggiamento più prudente poiché se il quadro macroeconomico dovesse deteriorarsi successivamente all'allentamento della monetary policy, non rimarrebbero altri strumenti anticiclici.
Wall Street, tuttavia, continua a fidarsi e, dopo un'apertura negativa determinata proprio dal timore di un rinvio, si è riavvicinata alla parità scommettendo su una soluzione di compromesso. «Se Powell non taglia, dovrà spiegarci il perché», ha chiosato JpMorgan.
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