Tutti contro Trump, in un crescendo di accuse e di minacce di ritorsioni. Ha provocato un'arrabbiatura globale la decisione con cui il presidente Usa è andato dritto sulla strada accidentata dei dazi, non concedendo esenzioni nè all'Europa, nè al Messico e neppure al Canada. A partire da oggi, scatteranno tariffe punitive del 25% sull'acciaio e del 10% sull'alluminio importati negli States. Il tycoon ha per una volta silenziato i suoi tweet per lasciare al segretario al Commercio, Wilbur Ross, il compito di comunicare che il dado era ormai tratto. È una mossa non senza conseguenze gravi sia sul piano economico, sia su quello dei rapporti commerciali e forse diplomatici.
Qualche mese di negoziati, con la Casa Bianca impegnata a ottenere concessioni da partner giudicati sleali, non sono bastati a trovare una soluzione condivisa. E se la Cina sta faticosamente cercando di mantenere aperti i canali delle trattative nonostante gli improvvisi scarti di The Donald (l'ultimo è l'annuncio di qualche giorno fa di dazi per 50 miliardi di dollari su prodotti cinesi hi-tech), per l'Europa la porta di Washington pare essersi definitivamente chiusa. Il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, riassume il pensiero comune a Bruxelles: «Sono molto deluso dalla decisione di Trump: siamo a fianco ai nostri lavoratori e dell'industria europei e risponderemo con tutti gli strumenti disponibili per difendere i nostri interessi». Una linea che dovrebbe apprezzare il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha invitato l'Europa a «difendere l'industria europea riequilibrando le posizioni di bilance commerciali nel mondo».
Mentre il Messico ha fatto sapere che prenderà «misure equivalenti su vari prodotti» per rispondere alle super-tariffe Usa, sono tre le linee di azione Ue, il cui export subirà un danno di 6,4 miliardi. La prima, già annunciata nelle scorse settimane, riguarda la lista di contromisure per «riequilibrare» il danno originato: si va dalle barche a vela alle Harley-Davidson, dal burro di arachidi ai chicchi di mais in scatola, dal riso ai mirtilli rossi, dal whiskey e dal bourbon ai jeans, dalle magliette di cotone ai prodotti in acciaio. Poi, continua il controllo dei flussi di importazioni nella Ue di acciaio e alluminio da Paesi terzi per verificare se dai Paesi terzi vengono dirottate le esportazioni che non si dirigono più verso il mercato americano. Se ci sarà un impatto significativo sul mercato europeo, la Ue deciderà ulteriori misure di salvaguardia. Infine, c'è l'inchiesta presso il Wto nel quadro del meccanismo di risoluzione delle controversie che potrebbe portare a una condanna degli Usa e all'autorizzazione di ritorsioni contro gli americani, ben più pesanti rispetto alle misure di riequilibrio già stabilite.
È evidente che la Germania sarà il Paese più colpito dal protezionismo della Casa Bianca, anche alla luce della minaccia di introdurre tariffe supplementari sulle auto. La Borsa di Francoforte (-1,4%) è stata infatti la peggiore tra i listini, tutti in calo (Wall Street inclusa) per i timori di una guerra commerciale. Berlino ha respinto su tutta la linea i dazi imposti da Trump. «Consideriamo queste misure unilaterali come illegali, la sicurezza nazionale non è una giustificazione possibile», ha detto Steffen Seibert, portavoce del governo di Angela Merkel. «Questo passo - ha aggiunto - comporta il rischio di una escalation che sarà dannosa per tutti».
Un timore condiviso dal Giappone: «Si rischia la fine del sistema di regole del Wto», ha detto il ministro del Commercio Hiroshige Seko.Ma anche l'Italia rischia: Coldiretti ha ribadito che 40,5 miliardi di euro di esportazioni verso gli Usa sono in pericolo.
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