Unicredit torna in utile nel 2014, con un profitto di 2 miliardi (dal rosso di 13,9 miliardi registrato sull'esercizio 2013 penalizzato da massicce svalutazioni in vista degli stress test), esclude «assolutamente» ricapitalizzazioni e, come evidenzia lo stesso ad Federico Ghizzoni, «dichiara ufficialmente chiuso il turnaround in Italia». Nonostante un anno difficile per il contesto economico italiano e non solo, il gruppo ha poi annunciato un aumento delle cedole del 20% rispetto allo scorso anno (a 12 cent dai 10 distribuiti sull'esercizio 2013). Anche questo, dopo il successo registrato lo scorso anno, si tratterà di uno «script dividend», ovvero la cedola sarà pagata in azioni salvo richieste di essere liquidati in contanti da parte dei soci. Più in dettaglio, Unicredit ha chiuso il 2014 con un risultato netto di gestione di 6,8 miliardi (+29,9%), 22,5 miliardi di ricavi (-3,5%) e costi per 13,2 miliardi (-2,9%). Il parametro-chiave di patrimonializzazione si è attestato al 10,02%. In ripresa sia il margine di interesse (12 miliardi, +3,4%) sia le commissioni (7,4 miliardi, +4,3).
Riflettori accesi poi sul miglioramento della qualità dell'attivo. «Mi aspetto che i crediti deteriorati abbiano raggiunto un picco nel 2014 (84,4 miliardi i crediti deteriorati lordi, in aumento dello 0,9% sul 2013); per il 2015 mi attendo una diminuzione sia nell'ammontare complessivo che in percentuale sul totale dei crediti», ha affermato il manager evidenziando poi come, già nell'esercizio appena chiuso, «il costo del rischio sia sceso sotto i 100 punti base, a 90, per la prima volta dal 2009». L'ad ha poi imputato la riduzione del patrimonio netto tangibile verificatasi a dicembre (a 43,8 miliardi, in calo di 2,1 miliardi su settembre, ma comunque in miglioramento del 5,9% rispetto al 2013), agli effetti della crisi russo-ucraina e alla svalutazione del rublo, ma si è comunque detto sicuro di «ripristinare il capitale già nei prossimi mesi sia con la generazione degli utili sia con le operazioni di fusioni e acquisizioni, a cominciare dalla definizione dell'accordo su Pioneer con Santander». Sulla progettata integrazione delle attività nel risparmio di Unicredit e della banca spagnola, Ghizzoni ha parlato di «passi in avanti», mentre ha annunciato l'attesa vendita di Uccmb a Fortress, un'operazione quest'ultima che «consente di ridurre crediti in sofferenza per 2,4 miliardi con un impatto sostanzialmente neutro sul capitale».
Sul 2015 il manager ha preferito non sbilanciarsi troppo sui numeri pur assicurando di attendersi per i prossimi mesi «una crescita dei volumi sull'area euro, una decrescita dei crediti declassificati e un impatto positivo sul net interest income ». L'appuntamento peraltro cruciale nei prossimi mesi è quello con l'assemblea degli azionisti chiamata, il 13 maggio, a eleggere il nuovo vertice. In merito il manager ha ribadito «la situazione tranquilla all'interno del gruppo». Per quanto infine riguarda i temi bollenti sul fronte italiano, Ghizzoni, ha preso le distanze dall'idea di bad bank pubblica.
«Tendenzialmente non siamo interessati a una simile soluzione visto che la bad bank ce la siamo costituita in casa due anni fa», ha precisato l'ad, pur riservandosi ogni ulteriore giudizio «quando ci sarà una proposta sul tavolo» visto che al momento, si tratta di «una speranza più che una realtà». Confermata infine la strategicità della quota in Mediobanca di cui Unicredit detiene l'8,6% del capitale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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