La diffusione progressiva della mobilità elettrica e dell'automazione, da un lato porterà benefici all'ambiente (sempre se l'energia deriverà da fonti rinnovabili) e alla sicurezza, ma dall'altro presenterà un conto da pagare in termini di occupazione. I primi segnali, in questo senso, sono già tangibili. Gm ha previsto il ridimensionamento delle unità produttive negli Usa e il gigante tedesco Volkswagen ha annunciato 7mila esuberi, mentre 11mila dipendenti avranno diritto di andare in pensione nei prossimi anni. I tagli alla forza lavoro saranno completati entro il 2023, proprio nell'ambito della transizione del gruppo verso l'auto elettrica. Wolfsburg rassicura che le uscite non saranno traumatiche, ma avverranno con offerte di messa a riposo anticipata. Già a partire dal 2016 il gruppo, ora guidato da Herbert Diess, aveva previsto un «programma di risparmio» che comprendeva 30mila posti in meno entro il 2020, dei quali 23mila in Germania.
Lo sviluppo dell'auto elettrica e le normative ambientali Ue sempre più stringenti, costringono i costruttori a investire fiumi di denaro. Tra questi, Vw è in prima linea e ha appena ufficializzato l'introduzione di 70 modelli a zero emissioni entro il 2028, cioè 20 in più rispetto a quanto originariamente pianificato. Il gruppo stima di vendere 22 milioni di auto elettriche in 10 anni, 7 milioni in più rispetto a quanto proiettato finora. La scelta di puntare sull'elettrico e gli enormi investimenti per l'auto del futuro (44 miliardi entro il 2023) peseranno però sui bilanci. Un problema che riguarda l'intero settore.
AlixPartners ha stimato in 255 i miliardi di dollari le risorse che l'industria dell'auto dovrà destinare, nei prossimi 8 anni, alla svolta elettrica, mediamente 10 volte di più di quanto non abbia fatto negli ultimi 8 anni. Una cifra colossale che peserà sia sui profitti sia sull'occupazione: solo in Europa i posti di lavoro a rischio sarebbero almeno un milione, ha detto di recente il presidente di Brembo, Alberto Bombassei. Le ripercussioni maggiori riguardano, in particolare, la produzione di veicoli 100% elettrici; i motori ibridi, infatti, all'unità a batteria abbinano quella tradizionale, a benzina oppure diesel.
La strategia di Fca sulle motorizzazioni green riguarda, allo stato attuale, soprattutto il ricorso all'ibrido plug-in, utile per percorrere in modalità elettrica soprattutto i tratti urbani. Dei 45 miliardi di investimenti annunciati da Fca al 2022, nove riguardano l'elettrificazione della gamma. Il primo modello 100% elettrico sarà la Fiat 500e prodotta a Mirafiori. Quindi, toccherà a Maserati con una supercar. In attesa che si concretizzi il progetto full electric Fiat Centoventi visto al Salone di Ginevra. Dall'elettrico, dunque, benefici ma anche problemi. L'accelerazione imposta dalle autorità al settore è, di fatto, inversamente proporzionale alla realizzazione delle infrastrutture necessarie. Inoltre, i numeri delle vendite nei mercati occidentali più importanti sono ancora molto bassi. Una fuga in avanti, parallela alla progressiva forzata perdita di competitività dei motori diesel (un danno per l'industria europea da sempre all'avanguardia), che non fa dormire sonni tranquilli alle associazioni di categoria.
«C'è grande entusiasmo per l'auto elettrica - avverte Paolo Scudieri, presidente di Anfia (filiera italiana automotive) - ma se in Europa si smettesse di produrre motori tradizionali e si facessero solo macchine elettriche, ad andare a casa sarebbe un lavoratore su tre».
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