Più colomba di così, si muore. Davanti alla commissione bancaria del Senato, tappa obbligata prima del voto che la eleggerà presidente della Federal Reserve, Janet Yellen i toni ansiogeni, smussa gli spigoli della paura, addolcisce e rassicura. Ma, soprattutto, zittisce i tamburi di guerra che annunciavano l'avvio imminente del tapering. Di rimozioni a breve delle misure di stimolo non se ne parla: prima ci vuole una crescita robusta, la formidabile ossessione dell'ex docente di Harvard. Al momento, la strong recovery non c'è. «La ripresa è ancora fragile», esordisce la numero uno in pectore della Banca centrale. Dunque, niente equivoci: «Togliere gli aiuti all'economia, e quindi l'acquisto di bond, ora sarebbe sbagliato». Anche perché Wall Street «non è in bolla».
La Yellen non è sembrata, insomma, affatto colpita dall'aumento ben al di sopra delle attese del pil a stelle e strisce nel terzo trimestre (un +2,8% contro un +2% previsto), che aveva invece materializzato sui mercati l'immagine di una Fed col dito sul grilletto dell'exit strategy, sulla cui tempistica si congettura da mesi. Argomento liquidato in una battuta: «Non è ancora stata decisa». Certo la maxi-onda della liquidità garantita da acquisti mensili pari a 85 miliardi di dollari «non può continuare per sempre», nonostante il piano «abbia contribuito alla crescita economica». I detrattori del quantitative easing la pensano in altro modo: gli aiuti a pioggia hanno drogato i mercati e creato una big bubble destinata prima o poi a scoppiare. Con esiti nefasti. Accuse respinte al mittente: «I prezzi delle azioni sono saliti in maniera significativa, ma non li vediamo in un territorio che suggerisca l'esistenza di condizioni simili a quelli di una bolla». Parole che aprono spazi per ulteriori rialzi. Wall Street è rimasta, infatti, anche ieri su livelli record, mentre Milano (+0,15%) è stata protagonista di un mini-rally nel finale che ha cancellato le perdite accumulate durante la seduta. Un'inversione a U della politica della Fed appare improbabile anche alla luce della possibilità, ventilata dalla Yellen, di portare i tassi sempre più vicini a zero, seppur nella consapevolezza che un basso livello del costo del denaro «colpisce i risparmiatori».
Intanto Moody's ha tagliato il rating di JP Morgan Chase (A3), Goldman Sachs (BAA1) e Morgan Stanley (BAA2).
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