Milano - In fondo basta dare un’occhiata alle classifiche americane (ma non solo) per rendersi conto che una gran fetta di pop è di colore nero. D’accordo, sono i prodigi dell’r&b, un genere che mescola la lezione della Motown, della disco music e dell’hip hop, tutte sonorità molto più vicine alla sensibilità del «coloured people» che a quella dei bianchi. Ma è anche vero che la musica, come quasi tutto il resto, procede a cicli. E ogni ciclo musicale è strettamente legato alle evoluzioni politiche e sociali dell’ambiente che lo circonda e lo produce. Oggi le classifiche, le televisioni e le radio mondiali sono dominate da Beyoncé, da Rihanna, da Estelle (quella di American boy, autentico tormentone), da Kanye West, da John Legend, da Timbaland, da Leona Lewis, da Keyshia Cole, tutti artisti che più o meno hanno lo stesso background e derivano da un’unica matrice. Sono loro la piattaforma sulla quale germoglierà il pop prossimo venturo, quello che nel 2009 sarà al centro dell’attenzione mondiale e anche in Italia raccoglierà un bel po’ di applausi. Qualcuno ha notato che spesso, con un curioso ma non incomprensibile meccanismo, il cambio ai vertici della Casa Bianca ha avuto ripercussioni anche sulla musica leggera in tutto il resto del mondo. Per esempio, negli anni Sessanta l’arrivo di Lyndon Johnson - molto più di quello di John Fitzgerald Kennedy - favorì l’esplosione della Motown, la casa discografica di Berry Gordy che in pochi anni lanciò le Supremes, Marvin Gaye, Stevie Wonder e via elencando, con un gigantesco impatto che ancora oggi si percepisce in tutto il mondo (e leggete il pezzo qui sotto di Antonio Lodetti). Quando fu il turno di Jimmy Carter, seconda metà anni Settanta, arrivò la disco music che traghettò la cosiddetta «black music» verso quella che da allora iniziò a chiamarsi «racially mixed audience», una quantità eterogenea di ascoltatori che da allora non si è più disgregata. Persino Rolling Stones, Kiss e Rod Stewart, per dire di musicisti di tutt’altra pasta, allora registrarono album con brani che più o meno si intingevano nella disco music. Ricordate Emotional rescue, I was made for loving you e Do ya think I’m sexy? Ecco. Lo stesso valga per l’era di Bill Clinton, altro moltiplicatore musicale che coincise con l’affermazione di massa del rap addomesticato per palati generalisti, come dimostrano le vendite milionarie di Will Smith (sì, allora era un rapper, mica una star hollywoodiana), Vanilla Ice, Young MC e MC Hammer. Adesso arriva Obama e, come hanno già previsto alcuni analisti, i suoni dance potrebbero tornare di moda e il rap addolcire i propri toni, convergendo su argomenti più popular come il ballo e il divertimento genericamente inteso. Sarà insomma molto difficile che si ripetano successi planetari come American idiot, il cd che i Green Day scatenarono in pratica contro Bush. O che i rapper neri continuino a inveire contro il razzismo e i bianchi come Eminem (che esce proprio tra poche settimane) rimangano misogini alla stessa maniera: l’arrivo di Obama e Hillary Clinton è per forza decisivo e gli argomenti cambieranno prendendo altre direzioni necessariamente meno astiose. Certo, c’è il rinculo della crisi economica. Ma da che mondo è mondo, quando le tasche si svuotano, il pop si riempie di voglia di divertirsi. È una sorta di contrappasso musicale.
Vedremo.
In ogni caso lo scenario non cambierà in modo decisivo, almeno per quanto riguarda la musica.
Lasciando perdere casi quasi medievali, stile cantastorie provenzali o, meglio, giullari come Will.I.Am dei Black Eyed Peas, che un minuto dopo l’elezione del nuovo presidente ha pubblicato un brano apologetico e volatile dal titolo It’s a new day, senza dubbio la tendenza del 2009 sarà piuttosto simile a quella degli ultimi due anni. Basta vedere il clamoroso successo che Beyoncé sta avendo non solo negli Stati Uniti (dove con il cd e le canzoni di I am... Sasha Fierce è tornata al primo posto alcune settimane dopo essere scesa più in basso, caso rarissimo di risalita in classifica) o quello di Leona Lewis, che non ha solo annunciato la sua autobiografia (accidenti, ha solo 23 anni ed è famosa da due) ma canterà addirittura durante la cerimonia di insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca il 20 gennaio. Saranno loro le regine di un’annata pop che si preannuncia come la prima di una nuova era, con nuovi stili, nuove idee e, si spera, nuovo entusiasmo.
D’altronde, come ripetono sempre le Labelle, quelle dello strepitoso ritornello anni ’70 Voulez vous coucher avec moi, che guardacaso si sono appena riformate: «Il vero pop è come un esplosivo, per farlo rendere al meglio ci vuole un buon detonatore». È il momento giusto, allora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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