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Einstein, il genio che sconfessò i pregiudizi

Traccia: «L’Unesco ha dedicato il 2005 alla fisica e, con essa, ad Albert Einstein, che nel 1905, con la pubblicazione delle sue straordinarie scoperte, rivoluzionò la nostra visione del mondo (...) Riflettendo sulla statura intellettuale e morale dello scienziato e sulla base delle tue conoscenze ed esperienze personali, discuti del ruolo della fisica e delle altre scienze quali strumenti per l’esplorazione e la comprensione del mondo e la realizzazione delle grandi trasformazioni tecnologiche del nostro tempo».

Quest’anno ricorrono due anniversari: la pubblicazione, cent’anni fa, di tre memorie, tuttora pilastri fondamentali della fisica moderna, e la conclusione - sessant’anni fa con l’esplosione delle bombe atomiche - del secondo conflitto mondiale. Gli anniversari, apparentemente disgiunti tra loro, sono accomunati dalla figura, più unica che rara, di Albert Einstein.
La memoria sul moto Browniano dava realtà definitiva alla natura molecolare della materia, un risultato con importantissime conseguenze, come quella di deporre una definitiva pietra tombale sull’omeopatia quale metodo di cura efficace. La memoria sull’effetto fotoelettrico inventava il fotone. La memoria sulla relatività della simultaneità degli eventi distanti rivisitava in modo critico quei concetti di spazio e di tempo che, gravati da millenari pregiudizi, erano tanto ben avvinghiati nelle menti di tutti da far assegnare ad Einstein il Nobel, non senza controversie, dopo ben 16 anni e non sulla teoria della relatività. Il premio gli fu assegnato sull’effetto fotoelettrico, ma per comprendere la forza dei pregiudizi che le idee di Einstein sfatavano anche in questo caso, basti pensare che il fisico Robert Millikan, che si era proposto di sconfessare la teoria del fotone di Einstein, fu costretto dall’evidenza dei fatti dopo dieci anni di lavoro ad accettarla, ottenne il Nobel per il lavoro svolto, ma non volle mai credere ai suoi stessi risultati. Dire fisica è come dire scienza, e dire scienza è come dire il contrario di pregiudizio. Perché, se è vero che il pregiudizio è un veleno per le nostre menti, grazie a Galileo abbiamo la fortuna di possederne l’antidoto, quasi sempre efficace: il metodo scientifico.
Ma ci dice niente, il metodo scientifico, sui valori e sugli obblighi morali? Ogni volta che affrontiamo un’azione pratica, abbiamo due decisioni da prendere: dobbiamo decidere qual è il fine che vogliamo raggiungere e i risultati che vogliamo ottenere; e dobbiamo decidere quali sono i mezzi che vogliamo usare per ottenere quei risultati. Ebbene, la Scienza ha pochissimo da dire sui fini.

In particolare, la prova della desiderabilità di un’azione è totalmente estranea alla Scienza, e non riconoscerlo è la causa delle molte insofferenze che alcuni manifestano per essa.

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