Elisabetta Sgarbi sorprende con la Passione

da Locarno

Metamorfosi a Locarno. Dalle bocche socchiuse delle ottocento statue racchiuse, come gioielli in uno scrigno, nelle quarantacinque cappelle del Sacro Monte di Varallo, edificato nel XV secolo sul più antico monte sacro d’Italia, sgorgano versi. Il dialogo rompe il silenzio. La luce, luce divina, trasforma come per incantesimo la dinamica staticità delle sculture in legno e terracotta di Gaudenzio Ferrari, Morazzone, Tanzio e Rocca Ghirardini, realizzate tra il XVI e XVII secolo, in azione. Non chiederci la parola. Il Gran Teatro Montano del Sacro Monte di Varallo è lo splendido film - anche se chiamarlo film risulta inappropriato e riduttivo - di Elisabetta Sgarbi, o meglio Betty Wrong, presentato ieri al Festival del film di Locarno, nella sezione Ici & Ailleurs. La Sgarbi, vestiti i panni di una socratica «levatrice» si fa da parte e lascia parlare le sculture. Due le trame che si intrecciano, la vicenda di Cristo, dall’Epifania alla Crocifissione, e il Grande Teatro Montano, scoperto da Testori negli anni Cinquanta.

Sulla scia delle note di Franco Battiato, e dalla tensione lirica dei testi di Umberto Eco, Edward Carey, Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi e Sebastiano Vassalli va in scena, in uno spettacolo che si replica all’infinito, la Passione di Cristo. E quello che si vede - per dirla con Montale - non richiede parole.

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