Politica

Emergenza educazione

Il Meeting di Rimini 2006, intitolato «La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti», vedrà oggi, nell’incontro inaugurale, la presenza del presidente del Senato Franco Marini. Qual è il nesso tra una concezione di ragione come apertura all’Infinito e l’argomento di questo incontro? Innanzitutto va detto che questo convegno non rappresenta una deriva politica, ma, come tutto il Meeting, è parte di una storia e una cultura oggi, più che mai, chiare e profonde.
Il punto di partenza è la medesima preoccupazione testimoniata dal libro di don Giussani «Dall’utopia alla presenza» che sarà presentato sabato 26 agosto: perché un percorso esistenziale sia totalmente umano, occorre verificare cosa si desidera nelle radici più intime di se stessi e, nello stesso tempo, scoprire personalmente nella vita della comunità cristiana, la razionalità dell’avvenimento cristiano, ovvero della sua completa corrispondenza a queste esigenze umane. Un percorso razionale, di apertura alla conoscenza del reale, fino al suo significato, per una vera libertà che non è una aspirazione pietistica dell’età giovanile.
A cosa apre questa posizione umana e cristiana? Don Giussani disse ai Democratici Cristiani lombardi riuniti ad Assago nel 1987 che movimenti che rimangono nell’astrattezza sono preda dell’omologazione e del potere. In altre parole se la vita che riguarda tutti, cioè la famiglia, gli affetti, il lavoro, gli affari, la vita economica, sociale, politica, non fosse mossa dalla domanda del significato e dall’incontro con Cristo, la fede perderebbe il suo significato.
Chi ogni giorno mette a tema il suo rapporto con l’Infinito non vive nell’astrattezza ma, a un certo punto, inevitabilmente, quando si accorge di un bisogno, si muove per cercare di rispondervi. Ciò significa innanzitutto la scoperta della carità come «dono di sé commosso» verso chi si ha intorno nella comunità cristiana e ovunque, che porta a farsi carico del suo destino, fin nei suoi bisogni più materiali.
Da questa concezione della persona come unica e irripetibile in quanto nesso diretto con l’Infinito e da questo tentativo di carità quotidiana, sono nate opere intese come risposte organiche al bisogno di tutti, in diversi aspetti dell’agire umano: culturale (il Meeting), caritativo (il Banco Alimentare), di aiuto al lavoro (i Centri di Solidarietà), imprenditoriale. Opere dove il desiderio di vivere la fede crea forme di vita nuova per l’uomo, come disse Giovanni Paolo II al Meeting del 1982. La nascita delle opere è qualcosa di inevitabile in un’esperienza cristiana che si collega alla storia della Chiesa, anche moderna (vedi Opera dei congressi), alla Dottrina sociale della Chiesa e all’operosità italiana che ha dato frutto a una miriade di piccole e medie imprese, ancor oggi alla base del nostro sviluppo.
Le opere sono il punto in cui si coltiva l’espressione del cuore, perché non ci si educa semplicemente con discorsi o editoriali sui giornali, ma implicandosi nella realtà e avendo a cuore il nesso tra la propria esperienza e l’ideale che si vive.
Ma chi «si muove», non può fare senza giudicare. È inevitabile, quando si agisce, paragonare tutto con le proprie esigenze ultime, alla ricerca della verità nelle cose quotidiane.
Da qui è nato un giudizio sulla società, sintetizzato da due aspetti fondamentali. Il primo è la centralità dell’educazione che ha generato l’Appello per l’educazione, lanciato nel novembre 2005 e sottoscritto da molti intellettuali, personalità del mondo accademico ed economico e da migliaia di cittadini. L’Appello sostiene che la grande emergenza da cui è attraversata l’Italia è l’educazione.
Senza educazione a una responsabilità che nasca, nella vita quotidiana, dal paragone con i criteri ideali che sono alla radice del nostro Paese (cristiano, socialista, liberale, religioso), non c’è possibilità di vero sviluppo e di vera solidarietà. Senza un’educazione al desiderio di verità, di giustizia, di bellezza nell’agire umano, anche l’istruzione, la ripresa economica o la solidarietà sono vuoti perché ne manca il soggetto.
Il secondo aspetto è sintetizzato dallo slogan «più società, meno Stato». Si tratta del principio di sussidiarietà, cardine della Dottrina sociale della Chiesa, che anche con il nostro impegno è entrato nella Costituzione. Esso esprime il desiderio che ogni tentativo di costruzione che nasce “dal basso” possa esistere, che la politica sia tesa a valorizzare l’apporto di ognuno, da cui nasce il benessere di tutti. Non è la politica che salva l’uomo: essa deve essere a servizio delle opere che nascono dal desiderio dell’uomo, dalla libera iniziativa di persone e corpi intermedi, di realtà sociali al servizio del bene comune.
Sussidiarietà significa: investimenti in capitale umano che favoriscano la qualità ad ogni livello, vale a dire i «capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi»; una welfare society in cui la libertà di scelta dei singoli e dei gruppi sia accompagnata anche da una maggiore solidarietà; uno sviluppo basato su imprese veramente competitive, piccole o grandi che siano; liberalizzazioni fatte per favorire la libertà e non per generare oligopoli.
Di educazione e sussidiarietà si vorrebbe parlare con il Presidente Marini che ha mostrato, nei suoi primi interventi pubblici, sensibilità e interesse verso questi due temi.

È il modo per non lasciare nel privato l’uomo nelle sue esigenze ultime e umilmente tentare di vivere la liberazione cristiana in tutti gli aspetti della vita sociale.
*Presidente Fondazione
per la Sussidiarietà

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