Emergenza numero 1: tra i pali non c’è nessuno

E adesso comincia il divertimento puro. Per scoprire come i tre nuovi generali di Inter, Juve e Roma allestiranno i rispettivi team. Gian Piero Gasperini, Antonio Conte e Luis Enrique hanno idee innovative, forse persino rivoluzionarie per certi versi, e promettono spettacolo da coniugare col successo che da queste parti è indispensabile più del bel gioco. Ma nel frattempo chiedono e pretendono di completare i rispettivi quadri attraverso le mosse di calcio-mercato sapendo che non c’è un pozzo cui attingere risorse finanziarie infinite. Anzi, in qualche caso, (l’Inter di Massimo Moratti), ci si prepara a un sacrificio qualora la cessione consentisse di puntellare il bilancio appesantito da troppi debiti.
La Roma spagnola è il progetto più attraente e il più pubblicizzato al momento. Non solo per lo sbarco degli americani a Trigoria ma per le scelte, «coraggiose» come le hanno definite un paio di guru del nostro calcio, Lippi e Sacchi cioè, realizzate da Franco Baldini e Walter Sabatini che sono alla guida del club dopo l’addio di Rossella Sensi. «Il nuovo staff proporrà non solo un tipo di calcio ma anche di comportamenti» è la promessa solenne del ds romanista che parla quasi come un libro stampato, ricorrendo spesso all’enfasi più che alla suggestione di un progetto che deve ancora dipanarsi attraverso mille e complicati negoziati, acquisti da perfezionare, cessioni da impostare. «I 15 milioni per Alvarez sono troppi» è l’ultimo alt imposto dal dirigente romanista a una trattativa che sembrava conclusa. Ma questo non significa che il centrocampista del Velez Sarsfiled sia stato cancellato dalla lista di Luis Enrique. L’interrogativo maggiore, al momento, riguarda la prossima scelta del portiere (Stekelenburg o Viviano) e la compatibilità di Borriello, Totti e Bojan Krkic col tridente classico. Sarà il Psg di Leonardo a raccontarci tra un mese esatto, il 26 luglio, se i lavori in corso di Luis Enrique promettono qualcosa di attraente.
Di pari difficoltà l’impresa davanti agli occhi di Antonio Conte. Non solo perché la Juve non può permettersi un altro flop (i mancati introiti della Champions pesano come un macigno sul bilancio) ma perché la fiducia dei tifosi (gli abbonamenti nel nuovo stadio autorizzano un sincero ottimismo) è giunta al bivio: o si torna alla Juve di lotta e di governo, oppure la delusione, con l’aggiunta della contestazione, travolgerà persino Andrea Agnelli. Qui è ambizioso il piano di Conte, ma soprattutto i nomi che ruotano attorno a Marotta. Da Diarra ad Aguero, passando per Vucinic: dovessero saltare alla fine, la depressione comincerebbe a fine agosto questa volta. Ardito il disegno tattico: il noto 4-2-4 che funzionò a Bari può essere replicato a Torino. «Non avremo tabù» è la parola d’ordine del giovanissimo tecnico leccese che è pronto a convertirlo nel più stabile 4-3-3. Qui gli eventuali arrivi di Diarra, Aguero e/o Vucinic sono essenziali per far lievitare la cifra tecnica. Pirlo è il perno (scusate l’effetto cacofonico) del gioco. Senza coppe ha un bel vantaggio, Conte può lavorare sodo e preparare un impegno a settimana come capitò al primo Milan di Capello. Fondamentale l’adesione del gruppo alle idee innovative del successore di Ferrara e Delneri: senza quel collante, come accadde a Bergamo, i tormenti sono garantiti.
Gian Piero Gasperini ha il compito meno complicato dei tre. L’Inter ha una sua anima e anche una sua struttura collaudata da anni di successi. Deve correggere i difetti emersi nel semestre leonardiano (troppi gol subiti) e togliersi lo sfizio di sperimentare lo schema preferito, il 3-4-3. «Bastano poche settimane di applicazione ed è cosa fatta» garantisce per tutti gli ex allievi Andrea Ranocchia. Semplice a dirsi, più difficile a farsi la mutazione genetica che ha in testa Gasperini. Disposto a verificare sul campo il modulo preferito senza imporlo con violenza a uno spogliatoio che ha un codice calcistico antico. «Lo realizzerò se sarà utile all’Inter» è la promessa del tecnico piemontese che ha in testa il recupero di Diego Milito ( a spese di Pazzini e qui si riapre la questione con Prandelli ct e la Nazionale) e qualche variazione sul tema (Palacio al posto di Pandev). L’unico interrogativo è la cessione eccellente che Moratti ha messo in preventivo qualora servisse a realizzare il fair-play finanziario.

Dev’essere anche per questo che in queste ore proprio Marcello Lippi ha cominciato a confessare una nostalgia canaglia per la panchina. «Finora ho detto qualche no ma se dovessimo richiamarmi, direi subito sì» il suo ripensamento.

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