Giulio Becattini
Flamanville (Normandia) - Al di là delle polemiche inevitabili su sicurezza e benefici più o meno evidenti sulla bolletta energetica, il nucleare italiano sarà uno dei grandi business dei prossimi decenni. Conti alla mano, un programma da 40 miliardi di euro per la costruzione di otto centrali di ultima generazione, dal costo compreso tra i 4 e i 4,5 miliardi ciascuna. Metà dell’intero programma sarà targato Enel. E l’ex monopolista elettrico, insieme agli alleati francesi di Edf, si mostra pronto per recuperare quel ruolo nel mondo dell’atomo che dovette abbandonare negli anni Ottanta. Per avere un’idea un po’ più precisa di che faccia avrà il nucleare italiano (almeno quello Enel, peraltro l’unico al momento in campo) si può fare un salto tra i venti della costa della Normandia, a Flamanville, dipartimento della Manica, dove Electricité de France, accanto a due reattori già in funzione da una ventina d’anni, sta realizzando il nuovo Epr (European pressurized water reactor) da 1.600 megawatt, l’ultima generazione - la terza - in fatto di ingegneria nucleare civile. Un cantiere che nei giorni di punta arriva ad ospitare fino a 2.500 addetti tra operai e tecnici, per arrivare, a fine opera, ad un totale di 10 milioni di ore lavorative. Di centrali con la stessa tecnologia, al mondo, se ne contano solo altre tre, in fase di costruzione. Una in Finlandia, due in Cina. Tanto per capirci: la più potente delle vecchie centrali italiane pre-referendum, quella di Caorso, non arrivava a 900 megawatt. Ebbene, le centrali italiane saranno del tutto simili a quella francese, nella tecnologia e nella progettazione.
Se «Flamanville 3» (cui Enel partecipa con una quota del 12,5% e a cui lavorano oltre una trentina di sub fornitori italiani) comincerà a produrre energia elettrica nel 2012, gli esperti di Enel confermano che un «obiettivo realistico» per l’avvio del primo stabilimento italiano è luglio 2020. Con un nuova centrale che entra in funzione ogni 18 mesi successivi, fino al completamento del programma dell’Enel. La posa della prima pietra (in realtà in questo caso si tratta della prima colata di calcestruzzo: ne serviranno oltre mezzo milione di metri cubi a reattore), dovrebbe arrivare nel luglio del 2015. Salvo intoppi burocratici. L’iter è complesso, ma è vero che la corsa è partita e il programma varato dal governo marcia spedito. Nelle previsioni il quadro normativo dovrebbe essere pronto entro febbraio-marzo dell’anno prossimo (di pari passo con il varo della nuova Agenzia per la sicurezza nucleare). Poi partiranno le procedure autorizzative. Ma la situazione diventerà già «calda» dall’estate 2010, quando dovrebbero essere pubblicati i criteri per la selezione dei siti. Già tra un anno dunque, potrebbe arrivare la scelta ufficiale del luogo dove verrà realizzata la prima centrale dell’Enel che segnerà il ritorno dell’Italia all’atomo. Enel punta alla realizzazione di quattro unità Epr su tre siti, come ha spiegato il direttore ingegneria e innovazione del gruppo, Livio Vido. In alternativa - ha aggiunto lo stesso Vido a Flamanville - si potrebbe optare per due siti con due unità ciascuno, per massimizzare lo sfruttamento di ogni area individuata. E se nel frattempo le condizioni non sono radicalmente cambiate, i siti del vecchio nucleare italiano potrebbero ancora rappresentare un’opzione di scelta: Caorso (provincia di Piacenza), Trino (Vercelli), Garigliano (Caserta), Latina e Montalto di Castro (mai terminata). Un quadro comunque molto diverso rispetto a quello francese: oltralpe operano attualmente 59 reattori nucleari, raggruppati su 19 siti.
Ma la Francia, dove la strada del nucleare è stata intrapresa senza ripensamenti sostanziali già dai primi anni Sessanta, dopo l’indipendenza dell’Algeria, ricava dall’atomo oltre l’80% del fabbisogno elettrico nazionale. Il programma italiano prevede invece di arrivare a coprire una fetta del 25%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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