Palermo - Altro che guerra del gas tra Russia e Ucraina. La mobilitazione che dalla Sicilia sta partendo contro il Nord è ancora più pesante. Perché l’Isola, che produce e raffina più di metà del petrolio italiano, teme che la differenziazione del territorio in tre macro-aree dell’energia comporti anche una differenziazione delle tariffe, tutto a scapito dei siciliani. Di qui la minaccia, neanche tanto velata, di ritorsioni, che nei fatti si tradurrebbero nello stop all’erogazione – alle Regioni che ne hanno meno – dell’energia che la Sicilia produce in eccedenza rispetto al proprio fabbisogno.
La dichiarazione di guerra. Insomma, è battaglia. A dichiarare senza mezzi termini l’apertura delle ostilità contro il Nord, invitando anche i parlamentari eletti in Sicilia e nel Meridione a mobilitarsi per il proprio territorio, è l’assessore siciliano all’Industria Pippo Gianni: “E’ paradossale ¬– tuona – che la Sicilia, se non viene cancellato l’emendamento della Lega, sia costretta a pagare l’energia elettrica ad un prezzo più alto rispetto al resto l’Italia. E’ diabolico che la giustificazione, dettata dall’egoismo, fornita da alcuni esponenti nordisti, sia la carenza di infrastrutture che la Sicilia non ha determinato ma subisce. Come si dice dalle nostre parti, ‘cornuti e mazziati’ (bastonati, ndr). La Regione Sicilia produce energia elettrica in eccedenza rispetto alle sue esigenze di consumo e la immette in rete per coprire le esigenze di quelle regioni che non ne producono perché non si sono dotate di infrastrutture energetiche. La Sicilia ¬– incalza ancora Gianni – produce e raffina il 60 per cento del petrolio consumato in Italia. Da tutto ciò non ha mai ricavato alcun beneficio, ne subisce l’inquinamento e non ne ricava nulla, se non qualche residuale posto di lavoro. La responsabilità e le ragioni della solidarietà nazionale hanno fatto sì che, nonostante tutto ciò, in tutti questi anni si siano anteposte le ragioni dell’interesse nazionale. Non vorremmo perciò essere costretti ora ad invertire la rotta, mettendo in atto provvedimenti che vanno contro l’interesse nazionale, per fare in modo che la questione dell’approvvigionamento energetico diventi un problema del Nord Italia piuttosto che nostro”.
Una vecchia battaglia. Sulla “guerra” attuale si innesta una vecchia storia, che ciclicamente torna in primo piano: quella delle accise per la raffinazione del petrolio, che la Sicilia reclama da anni sulla base del proprio Statuto autonomistico. Una battaglia che il governo guidato da Raffaele Lombardo (Mpa) ha fatto propria sin dall’insediamento.
Che succede adesso? Il rischio, concreto, è quello che nell’Isola si fermino i centri di raccolta del greggio e quelli di stoccaggio del gas, con uno stop all’erogazione nel resto d’Italia. Gli ispettori dell’ufficio regionale idrocarburi hanno già avviato le prime ispezioni, ne faranno altre la settimana prossima. Globalmente, la Sicilia produce 600mila tonnellate di petrolio l’anno e 340 milioni di gas. Alla Camera, su proposta del Mpa, è stato approvato, nell’ambito del varo del decreto anti-crisi, un ordine del giorno che impegna il governo a garantire che l’eventuale divisione in macro-aree non comporti sperequazioni tra Nord e Sud nelle tariffe. Ma l’assessore Gianni non è soddisfatto: “Non è sufficiente – dice – i siciliani sono stanchi di impegni non mantenuti. Ora vogliono vedere i fatti.
Da anni attendiamo che si concretizzi l’impegno del ministro Tremonti sulla piena applicazione dell’articolo 37 del nostro Statuto, ad oggi ancora nulla è stato fatto. Stavolta ci fermeremo solo se a prendere un impegno formale sarà il presidente Berlusconi e se vi saranno nell’immediato atti conseguenziali”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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