Eni: utile record e nuovi obiettivi di crescita

Nel piano 2006-2009 prevista una spesa di 35,2 miliardi per lo sviluppo

Paolo Giovanelli

da Milano

Eni accelera negli investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi per arrivare a trovare nuove riserve che rimpiazzino in maniera totale i consumi, ma dilaziona di un anno l’obiettivo della produzione di due milioni di barili al giorno e la Borsa reagisce male penalizzando il titolo che chiude in calo del 2,59% dopo aver perso fino al 3,3%, ignorando il preconsuntivo 2005 che prevede un utile netto record di 8,8 miliardi (più 24% sul 2004) e un dividendo che sale a 1,10 euro per azione (più 22%).
Il Piano industriale 2006-2009 presentato ieri prevede infatti investimenti per 35,2 miliardi di euro, di cui oltre due terzi (25,3 miliardi) dedicati proprio alla crescita nei nuovi giacimenti. Il piano industriale 2005-2008 prevedeva invece una spesa di 17,4 miliardi per l’upstream e 26,9 miliardi in totale. La crescita, ha detto l’ad Paolo Scaroni, avverrà tutta per linee interne, senza bisogno di acquisizioni, ma senza escluderle a priori: «Le acquisizioni sono un’opzione, non una necessità» ha affermato nell’incontro con gli analisti. Scaroni ha anche precisato che la scelta di portare al 2009 l’obiettivo di due milioni di barili giorno è dovuta alla diversa valutazione del prezzo del barile, che veniva calcolato a 25 dollari nel piano precedente, contro i 32 di quello attuale: «Sono convinto che quando il nostro piano verrà esaminato più a fondo il titolo si riprenderà» ha aggiunto l’ad Eni. L’obiettivo è crescere soprattutto nelle aree in cui è attualmente presente, Nord Africa e Africa Occidentale oltre al Mare di Barents e Mar Caspio, che offrono le migliori prospettive di sviluppo. Brasile, India e Alaska sono invece le nuove mete su cui punta il gruppo. Il Caspio sta richiedendo molti più investimenti del previsto: 14-15 miliardi contro la decina preventivata, dovuti sia alla rivalutazione del dollaro, sia a cambiamenti del progetto. Nessuna preoccupazione, almeno ufficialmente, per la Nigeria: le tensioni e i disordini attuali sono cicliche e l’Eni è presente in quel Paese ormai da molti anni.
L’impegnativo piano di investimenti non inciderà però sulla politica dei dividendi: il documento presentato dall’Eni parla «di un’elevata redditività agli azionisti attraverso un importante flusso di dividendi sostenibili», la società «utilizzerà il programma di buy back in corso al fine di accrescere la redditività per gli azionisti. Eni, inoltre, intende mantenere una solida struttura finanziaria e l’attuale valutazione AA del rating di credito».
Quanto al gas, l’Eni punta soprattutto su una crescita all’estero, dove prevede uno sviluppo medio annuo dell’8% (contro una crescita annua media del 3% del mercato europeo), con l’obiettivo di vendere 50 miliardi di metri cubi l’anno fuori Italia (contro i 36 del 2005) e altri 50 nel nostro Paese. Il settore gas & power dovrebbe generare cassa per 1,9 miliardi entro il 2009.
Legata al gas c’è ovviamente la questione Gazprom: Scaroni non ha voluto fissare scadenze per un possibile accordo («L’importante non è il tempo che impieghiamo, ma la qualità dell’intesa» ha detto). Ha sottolineato comunque che da quando la società russa è entrata nel settore del petrolio (e non solo del gas come in precedenza) si sono aperte nuove possibilità di collaborazione con l’Eni proprio nella ricerca e sviluppo di giacimenti, mentre Gazprom ha espresso il desiderio di «avvicinarsi» ai mercati finali.

E non è escluso che Enipower (le centrali elettriche dell’Eni che funzionano a gas) possa entrare nella partita. Scaroni ha anche smorzato le polemiche sui cali delle consegne di gas russo e ha definito Gazprom «un modello di affidabilità».

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