«Un eroe problematico e umanissimo»

Secondo l’etnologo Vito Teti, che ha scritto un saggio sulla melanconia del vampiro, «è una proiezione della nostra società»

Il professor Vito Teti è docente di etnologia presso l’università della Calabria e tra le sue molte pubblicazioni c’è anche La melanconia del vampiro un classico sui vampiri come soggetto letterario e culturale (recentemente ripubblicato da Manifestolibri).
Professor Teti perché il vampiro ci affascina da almeno due secoli?
«Il vampiro letterario afferma il prototipo dell’eroe maledetto. È, a differenza del vampiro folclorico, un archetipo della modernità, parla di inquietudine. Segna la fine, ma anche il rimpianto, del mondo tradizionale... ».
Il suo successo in letteratura è ciclico. Come mai?
«Non vorrei legare la questione meccanicamente al contesto sociale, ma nei periodi di passaggio questa figura mitica appare come particolarmente affascinante... In fondo il vampiro rappresenta bene l’“altro” il “nemico”. Come rappresentazione del pericolo terrorista ha un suo senso... Del resto è un pericolo strisciante che si insinua tra noi in maniera indiretta come il vampiro medesimo... ».
Lei però parla, a partire dal suo libro, anche di melanconia del vampiro...
«Sì, il vampiro è andato via via assumendo caratteristiche sempre più ambivalenti. È carico di solitudine, vorrebbe amare l’altro e invece lo divora, in qualche modo è sempre più una proiezione della nostra società: può tutto ma è solo. Poi è anche per sua natura un simbolo adatto a incarnare una profonda riflessione sulla vita e sulla morte. In una società dove non vogliamo più invecchiare, dove la morte ci è diventata estranea e elaborare il lutto è sempre più difficile, l’eternità del vampiro piace.

È un modello di eternità sia agognata, sia temuta».
Insomma il vampiro ci affascina perché è cambiato nel tempo e ci assomiglia sempre di più?
« Racconta che in noi c’è bene e male, che vorremmo essere onnipotenti ma sappiamo che questo potrebbe disumanizzarci».

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