Eroi «normali» scolpiti nel legno

Le opere rivelano un’ ironia disincantata e caustica che fa sorridere dell’ inadeguatezza umana

Calciatori immortalati in un gesto di trionfo, coppie di ballerini abbracciati, una gigantesca testa d’uomo scolpita a metà. Tutti in legno, tutti con la medesima espressione impenetrabile. Sono alcune delle sculture di Stephan Balkenhol, esposte da oggi sino al 17 settembre al Padiglione di arte contemporanea (Pac). La mostra, la prima importante personale di Balkenhol in Italia, raccoglie, oltre a una selezione delle sue opere più celebri, anche dieci nuovi lavori realizzati dall’artista per l’appuntamento milanese. «Fare arte, per me, non è un modo di pensare, ma una questione di intelligenza delle mani», spiega Balkenhol, che, nell’epoca dell’installazione e della provocazione preferisce proporre statue scolpite in un unico tronco e poi dipinte, secondo la tradizione tedesca della scultura lignea dal Gotico al Barocco. «Nelle opere di Balkenhol c’è un ritorno alla specificità del prodotto artistico - gli fa eco l’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, intervenuto ieri alla presentazione della mostra -. Non è un artista concettuale, ma uno scultore con tanti pensieri, a cui riesce a dare un corpo». Negli spazi luminosi del Pac le sculture di Balkenhol emergono dunque dal legno come le statue michelangiolesche, con una superficie aspra e spigolosa, talvolta appena sbozzata, che caratterizza anche bassorilievi e incisioni: i Calciatori della collezione Fifa di Zurigo e le Coppie di ballerini, così come i moltissimi altri individui ritratti, si fanno guardare ma non vedere, tanto che una figura si confonde con l’altra. L’impressione non cambia quando l’artista sperimenta materiali diversi dal legno, prediletto per leggerezza e reperibilità: l’enorme Icaro in bronzo e ferro giace prostrato sul pavimento, sfidando gli sguardi come le statue greche a cui è ispirato. Da soli, in gruppo o in insoliti accostamenti con animali (come nel caso di Giraffa e uomo), sono soprattutto uomini e donne comuni a essere raffigurati dallo scultore, che propone eroi «normali» ma sempre sovra o sottodimensionati - o magari posti su alti piedistalli - quasi a sottolineare l’impossibilità effettiva della normalità o la sua straordinarietà in un’epoca in cui l’individuo si perde per diventare famoso come massa. «Balkenhol coglie ciò che unisce passato e presente, afferra il senso comune ai mosaici bizantini, alle statue elleniche e alle sfilate di moda - osservava infatti Maurizio Sciaccaluga, curatore della mostra scomparso precocemente alcuni giorni fa -. I protagonisti si mettono in mostra per dirsi vincitori, ma non si svelano».

Ma le opere dello scultore - l’Uomo sotto un fungo, per esempio, ma anche l’Uomo elefante e il Piccolo re - rivelano pure un’ironia disincantata e a volte un po’ caustica, che fa sorridere (ma non ridere) dell’inadeguatezza della condizione umana. «Le mie opere sono anche belle - conclude Balkenhol - ma la bellezza può essere crudele».

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