Escort, l’utilizzatore finale è Santoro

RUOLI C’è chi ha dignità di comportarsi lealmente anche avendo venduto il proprio corpo

L’unico indiscutibile utilizzatore finale è lui. Lui che usa le donne pretesamente usate da altri, ma che in realtà usano se stesse per sfruttare la forza degli uomini di potere. E poi, di terza mano, arriva lui e le spaccia come nuove, in esclusiva. E le tutela, le esalta, le coccola, le lancia nell’arena mediatica. Come fosse una discarica abusiva nella quale riversare tutto il meglio selezionato nei cassonetti di servizio ai palazzi degli uomini illustri.
Per chiarire fino in fondo. Questa volta devo sporcarmi le mani, usare parole dure. Si sa che tutti, anche i potenti e i ricchi, mangiano, defecano, copulano. Pure loro si liberano degli ovvi conseguenti residuati di queste attività, più o meno quotidiane. Di solito il pattume viene raccolto dagli operatori ecologici e inserito in una filiera riciclante o distruttiva, ma rispettosa delle regole ambientali e sociali. In genere, proprio per questo, è ormai in uso la raccolta differenziata, cosicché ogni materiale possa seguire il percorso tecnico, disegnato dalla scienza e dalla civiltà, finalizzato ad evitare che la spazzatura si trasformi in un’antigienica bomba di ritorno. È ovvio che nei cassonetti dei ricchi si trovino avanzi di cibo ormai maleodoranti, come in tutti i cassonetti, ma all’origine probabilmente molto costosi. Quindi è davvero scontato che l’andare a svuotare proprio quelli, faccia godere meglio i gatti randagi, avidi di porcherie soprattutto se succulente. Vogliosi, in ogni caso, di assaggiare anche loro qualche volta le leccornie di palazzo.
I racconti delle cosiddette escort sono porcherie. Peraltro rintracciabili nelle pattumiere di molte persone. Notabili e no. Spazzatura rigorosamente non riciclabile, per convenzione di civiltà e per pulizia mentale. Invece la televisione pubblica ha lasciato che si svuotassero i cassonetti e che i relativi miasmi si spargessero nell'etere.
Per la gioia di ascoltatori coprofili sono state così snocciolate storie schifose e meschine che, se mai, avrebbero dovuto seguire una filiera igienizzante (per esempio, fuor di metafora, il riservato percorso istruttorio se del caso) o rimanere sotto le lenzuola e nel petto, se dignitoso, delle prostitute. La dignità, eventualmente, non sta infatti nel definirsi escort, ma nell’avere il coraggio di chiamarsi prostitute e di saper svolgere questa attività con la riservatezza che le puttane leali sanno rispettare.
Di sicuro la dignità, sempre che si sappia cosa sia, non può stare nel farsi usare da un primo uomo - per lucro di entrambi - per poi svolgere il «lavoro» con un secondo (documentandolo con appropriate tecnologie) e infine raccontarlo a un altro ancora, lucrando per l’ennesima volta. Usi il tuo corpo? Ti fai pagare da chi richiede i tuoi servigi? È una tua scelta, forse un tuo problema. Ma deve finire lì, se c’è un minimo di decoro personale residuo. Se invece una prostituta abituale (cioè colei che commercia il proprio corpo) si fa pagare da un tale per gratificarne un altro, che forse non sa di trattare con una prezzolata, e contestualmente chiede a quest’ultimo di farle un favore di potere e poi, non avendolo ricevuto, si considera offesa e fa la vergine cuccia in mondovisione, non si può dire che abbia dignità. Né personale, né professionale.

L’indecente percorso dalla camera alle telecamere si è così concluso pericolosamente tra le braccia possenti dell’ultimo utilizzatore in ordine di tempo. Appunto l’utilizzatore finale della multiforme escort, che poi l’ha regalata agli utenti golosi. E questo in nome della legge che glielo ha consentito.

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