Bruxelles - aria di derby anche nell’immensa sala stampa allestita nel cortile del palazzo che ospita la Commissione europea. I capi di governo sono ai piani superiori, chiusi a discutere di spread, bilanci Ue e fondi salva Stati. Ma da basso l’attesa, più che per le scarne notizie che arrivano dal summit, riguarda il match tra Gigi Buffon e Philipp Lahm, i due capitani pallonari di Italia-Germania. Prima brutta notizia, che questa volta riguarda entrambe le tifoserie: i due megaschermi allestiti in sala stampa trasmettono e trasmetteranno solo le immagini della bandiera della Ue, sfondo blu acceso e stellette gialle che girano. E ai giornalisti tifosi girano qualcosa d’altro. La partita si vedrà al bar, trasformata in un’insolita torcida. I grandi, invece, la vedranno a spizzichi e bocconi, in una saletta allestita di fianco dove si svolge il summit vero e proprio. Con in più una controindicazione: al fischio d’inizio, i capi di governo sono inchiodati in una seriosa cena di lavoro. Del resto il presidente Van Rompuy è stato chiaro: «Siamo seri, stiamo facendo cose serie». Quindi niente calcio. La partita, qualunque partita, non è per leader rigorosi. Ma non è finita. Anche i cronisti, oltre a doversi rifugiare al bar per guardare la semifinale, sono costretti a piegarsi al diktat del rigore del duo inflessibile Merkel-Van Rompuy: serietà, quindi niente birra. È vero che il bar di solito durante i vertici serve alcolici fra le sette e le undici di sera, ma ieri era una serata particolare. E perciò, «per tassativo ordine della direzione» birra vietata: «Oggi fa caldo, c’è la partita» è la spiegazione dei camerieri. Perché basterebbe una birra, e l’atmosfera diventerebbe insopportabilmente rilassata, sia mai che influisca sullo spread. Rigore quindi, per tutti. Angela Merkel non può (ancora) imporre il risultato del match, ma può obbligare tutti alla inflessibilità teutonica. I giornalisti, intanto, si dividono. Ma non soltanto in uno scontato Italia-Germania: una reporter ostenta la maglia della nazionale tedesca verde pisello, con tanto di scritta sulla schiena, «Thomas Müller», attaccante della nazionale e del Bayern. Ma la collega non è né di Monaco né di Stoccarda. è danese. E qui, anche calcisticamente, si ripropone la frattura tutta politica ed economica. Stati virtuosi, rigorosi, del nord e con i conti a puntino da una parte (Germania, Olanda, Danimarca, Finlandia); Stati maiali o Piigs, spendaccioni, mediterranei, inaffidabili e cialtroni dall’altra (Portogallo, Italia, Irlanda, Spagna e Grecia). Tifano per noi i francesi, gli spagnoli, i greci, gli irlandesi. Tifano per la Germania gli olandesi, e tutti i nordici. Italia-Germania, quindi, non è soltanto una partita per decidere chi andrà in finale: è un modo di pensare, una Weltanschauung, un essere intimamente, socialmente, culturalmente, economicamente differenti. Vino contro birra. Loro crucchi, rigidi, educati, seri; noi cialtroni, pittoreschi, divertenti e un po’ terroni. Diversi ma uguali perché comunque entrambi europei? È quello per cui si lavora sudando sette camicie e scontrandosi proprio negli interessi nazionali. Proprio come se fosse una partita di calcio. E al bar della commissione Ue, a godersi la partita, anche l’eurodeputato inglese, Nigel Farage, camicia rosa pallido e birra in mano (avranno fatto un’eccezione?). Lui, il più ruvido e pittoresco antieuropeista e antieuroburocrati, la dice lunga sul senso della partita: «Ho una moglie tedesca e dovrei tifare Germania ma… No, tifo per gli underdogs!».
Ossia gli straccioni, i derelitti, i diseredati, i poveracci. Sì, insomma, per noi. E infatti al primo gol di Balotelli l’urlo di gioia è liberatorio, sa di riscatto, di rivincita, di riscossa. Sugli spread sta vincendo Berlino. Ma il pallone resta cosa nostra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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