Salva il ministro più impopolare del suo governo, il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, amico di sbornie e goliardate ai tempi di Oxford, oggi nell'occhio del ciclone per non aver saputo arginare la crisi e aver trascinato la Gran Bretagna in una nuova recessione. Tiene al proprio posto Nick Clegg, il vicepremier liberaldemocratico di cui il suo stesso partito chiede la testa ma che se lasciasse il governo rischierebbe di trascinare l'esecutivo verso elezioni anticipate. Tiene agli Esteri William Hague, il ministro che molti Tory vorrebbero all'11 di Downing Street - all'Economia - per affrontare la crisi. David Cameron ha tentato ieri, col primo rimpasto di governo arrivato a metà mandato, di rifare il look al suo esecutivo di coalizione acciaccato dai risultati economici scadenti, dai sondaggi deprimenti e dagli scandali per le amicizie pericolose. Ma il risultato è che la mossa con la quale ha sostituito circa venti fra ministri e sottosegretari sarà ricordata più per gli intoccabili che il premier ha lasciato al suo posto che per quelli che ha sostituito. Non solo. Il nuovo corso finisce per non premiare le donne, che sono escluse dalle due new entry (e scendono dal 17,2% al 16,1% nella composizione del gabinetto) e fa infuriare il sindaco di Londra Boris Johnson, sempre più critico nei confronti del premier e delle sue mosse.
Nel primo rimpasto via Twitter che la storia ricordi - gli annunci di addio e benvenuto sono stati dati dai diretti protagonisti e dallo stesso governo tramite Internet - il risultato che Cameron ottiene è di spostare un po' più a destra l'asse del suo governo, rispondendo a una richiesta dell'ala più dura del partito conservatore. Lascia il ministero della Giustizia Kenneth Clarke, decano della politica britannica, ministro dai tempi della Thatcher e per molti governi Tory, oggi considerato troppo soft nella lotta alla criminalità. Avrà un ministero senza portafogli e al suo posto finirà il «duro» Chris Grayling. Ma sono altri due i cambiamenti al centro delle polemiche. Il primo è la promozione del ministro della Cultura e dei Media Jeremy Hunt alla Sanità. La mossa lascia di stucco per due motivi: Hunt era in odore di «licenziamento» fino a qualche mese fa per i suoi rapporti troppo stretti con l'impero Murdoch, a cui ha dato soffiate importanti per il business di News International e a cui stava regalando su un piatto d'argento l'acquisizione totale di BskyB prima che l'operazione venisse fermata dallo scandalo intercettazioni. La promozione sembra un chiaro segnale a Murdoch e a tutto il suo entourage: il premier non tradisce e merita dunque il rispetto della stampa «amica». Ma l'ascesa di Hunt alla Sanità è già diventata lo spauracchio da laburisti e difensori del sistema sanitario pubblico, di cui il nuovo ministro può considerarsi un nemico dopo aver tentato tra l'altro di cancellare i riferimenti all'Nhs in occasione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra. A scatenare l'ira del sindaco Boris Johnson è invece il cambio di guardia al ministero dei Trasporti, dove Justine Greening («un ministro di prima classe», dice Johnson), contraria alla costruzione di una nuova pista di atterraggio a Heathrow («una follia» aggiunge l'alleato-rivale Boris), lascia l'incarico per far posto a Patrick McLoughlin, molto più morbido su questo fronte. Anche in questo caso la lettura è chiara: Cameron potrebbe mettere definitivamente nel cassetto le promesse «verdi» per estendere ulteriormente il principale aeroporto della capitale e il più trafficato d'Europa.
Last but not least: via dalla presidenza del partito la Baronessa Warsi, origine pachistane e simbolo dell'apertura dei Tory alle donne e alla multietnicità. L'incarico passa al sottosegretario per l'edilizia Grant Shapps. E pure le donne sono sul piede di guerra.
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