Il caos a Gaza è un guaio per Obama già in crisi per il sexy scandalo Cia

Stati Uniti senza una leadership militare e di intelligence. Petraeus: "Mai rivelato segreti di Stato alla mia amante"

Israeliani e palestinesi tornano a massacrarsi, l'Egitto manda rinforzi alla frontiera, l'Iran e gli Hezbollah libanesi non vedono l'ora di intervenire, mentre in Siria la guerra civile continua. Il Medio Oriente rischia di esplodere, ma gli Stati Uniti sono azzoppati da un incredibile scandalo sexy via posta elettronica. Nel momento in cui ci sarebbe bisogno di tutte le capacità di visione militare di David Petraeus, il generale super star ha dovuto dimettersi per una banale storia di corna. Non solo: La Cia è stata decapitata alla vigilia di un'esplosione in Medio Oriente che potrebbe riportarci ad un terribile conflitto regionale come l'attacco a Gaza e la reazione di Hezbollah nel 2006. E come se non bastasse un'altra pedina a quattro stelle del Pentagono, il generale John Allen, che comanda le truppe della Nato in Afghanistan compresi i soldati italiani, è rimasto invischiato nello scandalo. A tal punto che gli Usa hanno per il momento congelato la sua prevista nomina al comando dell'Alleanza atlantica a Bruxelles. Un'impasse che certo non aiuta la Nato ad affrontare i venti di guerra in Medio Oriente e la delicatissima transizione a Kabul verso il ritiro definitivo del 2014.
Ieri in una conversazione con una giornalista della Cnn, il generale Petraeus ha ribadito di aver «compiuto qualcosa di disonorevole», ma di non aver «mai passato informazioni segrete a Paula Broadwell», la sua amante. Ha poi aggiunto di «avere una moglie molto migliore di quello che merita». Intanto il New York Times ha rivelato il nome dell'agente Fbi, che ha scatenato l'inchiesta. Si tratta di un mastino dell'agenzia, Frederick Humphries, 47 anni, che messo da parte, ha raccontato tutto ai repubblicani.
Il blitz di Israele contro Hamas non poteva scattare nel momento peggiore per la Cia. L'agenzia è retta ad interim da Michael Morell, ma negli ultimi giorni della gestione Petraeus era dilaniata dai contrasti con le altre agenzie di intelligence sul tragico attacco al consolato americano di Bengasi. Lo stesso generale, che oggi testimonierà al Congresso sull'uccisione dell'ambasciatore Usa in Libia, era volato a Tripoli per rendersi conto di persona di cosa fosse andato storto.
Nel momento in cui pure il segretario di Stato, Hillary Clinton, è dimissionaria i nemici dell'America ne approfitteranno. Il presidente Barack Obama è già in difficoltà con l'Egitto. Dopo aver chiamato al telefono, Mohammed Morsi, il capo di stato dei Fratelli musulmani anziché calmarsi sembra abbia mandato la seconda armata al confine con Israele. E due giorni fa Il Cairo ha ritirato l'ambasciatore in Israele. L'Iran ed i suoi giannizzeri Hezbollah, consapevoli dell'attenzione negli Stati Uniti per lo scandalo sexy dei super generali, mediteranno l'ennesimo colpo gobbo contro lo stato ebraico ammantandosi del ruolo di paladini dei palestinesi. Lo stesso regime siriano sperava da tempo in un fattore esterno per ripigliare fiato. Gli oppositori hanno lanciato l'allarme: una guerra a Gaza distoglierebbe l'attenzione dalla crisi siriana non solo da parte della comunità internazionale, ma anche «della stessa gente che da mesi combatte Assad». In realtà la Francia di François Hollande, come fece Nicolas Sarkozy ai tempi della Libia, soffia sul fuoco. La Cia ha altre gatte da pelare e Parigi guarda caso propone in queste ore che si riveda l'embargo contro la Siria per poter fornire armi ai ribelli.
Gli afghani, sempre discreti sulle vicende che coinvolgono le donne, ricordano al generale Allen come il problema non siano le mail bollenti, ma il ripiegamento della Nato e la rivincita talebana. Lo ribadisce il generale Syed Maluk, che archivia lo scandalo come «questioni personali».

L'ufficiale afghano comanda il fronte di Helmand, uno dei più duri nel sud del paese. La sua preoccupazione è lo scenario che si aprirà con il ritiro dei militari occidentali nel 2014 e la speranza che gli Usa continuino a fornire equipaggiamento e supporto logistico all'esercito di Kabul, anche dopo.

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