il commento 2 Il presuntuoso della Farnesina

di Gian Micalessin

Se cercate il mistero o l'intrigo è fatica sprecata. «Maro 2, il ritorno» è solo un filmaccio di second'ordine, con tre protagonisti istituzionali e una trama miserabile. Tutto inizia quando il ministro degli esteri Giulio Terzi decide di trasformare una vicenda in cui ha dato prova di neghittosa incompetenza in un investimento per il proprio futuro politico. Convinto di potersi trasformare da ministro piacione e imbelle in novello Macchiavelli fa saltare il tavolo su cui si gioca la partita dei marò. Ma lo fa, come risulta a Il Giornale, tenendo all'oscuro il capo del governo Mario Monti e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Purtroppo il nuovo corso risente delle stesse lacunose incompetenze dimostrate in tutta la vicenda. Invece di consultarsi con gli alleati, tessere una trama giuridica e diplomatica per contrastare la reazione indiana il ministro si limita a informare l'opinione pubblica convinto di poterne incassare l'entusiasta applauso. Ma l'errore fatale è non realizzare che agire all'insaputa di Monti e Napolitano per coinvolgerli in un'operazione ai limiti della correttezza internazionale, significa crearsi due nemici peggiori degli indiani. Due nemici pronti a cucinarlo a fuoco lento per poi darlo in pasto alla stessa opinione pubblica che Terzi sogna di conquistare. Così mentre Latorre e Girone vivono il sogno irreale della ritrovata serenità Terzi si ritrova isolato in casa. Chiede l'appoggio di Europa, Nato ed alleati senza rendersi conto che da uno scranno ben più alto alle sue spalle, qualcuno fa segno di «no». Certo l'ostilità del Quirinale e del Presidente del Consiglio per l'azzardo di Terzi può sembrare ben motivata. «Pacta sunt servanda» ripetono gli altri due protagonisti del triste «B movie». Il dovere di rispettare i patti, l'esigenza di mantenere una rispettabilità internazionale anche nel confronto con un avversario baro e privo di scrupoli come l'India ha senza dubbio una valenza morale. Valenza degna di chi dal Colle ne ricorda l'importanza. Ma in questa bega di «retrogoverno» s'ignora un'altra morale, un'altra dignità da tutelare con altrettanta energia. Quando un ministro della Repubblica garantisce a due militari, a due connazionali in divisa di averli salvati nessuno deve permettersi di riconsegnarli al nemico.

La dignità nazionale espressa da Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, unici giganti in uno scenario istituzionale di nani, è più importante di qualsiasi patto internazionale. Più sacra del «latinorum» con cui si giustifica il loro sacrificio e il loro tradimento sull'altare delle beghe e dell'acrimonia che dividono il Colle, la Farnesina e Palazzo Chigi.

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