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"La Enrica Lexie torna a casa Ma che pena lasciare i marò"

Parla il comandante della nave bloccata in India per 77 giorni. I festeggiamenti per la sospirata liberazione del cargo rimandati al giorno del rientro di Latorre e Girone

"La Enrica Lexie torna a casa Ma che pena lasciare i marò"

«Questi 77 giorni li porteremo sempre sulla nostra pelle e su quel­la delle nostre famiglie. Quando salperemo lo faremo come un cor­po smembrato. A terra sono rima­sti due marò » vuole subito ribadi­re il capitano Umberto Vitelli, via telefono satellitare con il Giorna­le .
Il comandante della petroliera «Enrica Lexie» parla per la prima volta, dopo oltre due mesi di se­questro nel porto indiano di Ko­chi.

«Latorre e Girone (i due marò in carcere a Trivandrum, nda) sono un pezzo di noi, del nostro equi­paggio.

Due ragazzi che hanno di­feso la nave, che si sono esposti e sono ancora in prima linea- sotto­linea il comandante- . Se tutto an­drà bene stiamo tornando e riab­bracceremo le nostre famiglie, ma lasciarli in India è pesante ­spiega Vitelli - . Per mare esistono regole non scritte di solidarietà e spirito di corpo, per cui nessuno deve restare indietro».
Sull'incidente del 15 febbraio, che avrebbe portato alla morte di due pescatori indiani, non vuole parlare: «Ci sono due procedi­menti in corso (in India e in Italia, nda)».La buona notizia della 'libe­razione' dell'Enrica Lexie è arriva­ta ieri mattina a Napoli, sede della società armatrice Fratelli D'ama­to, dopo due ore dell'ennesima udienza della Corte suprema in­diana a New Delhi.

A bordo quasi non ci credono: «Tante volte sembrava finita, ma poi saltava fuori un cavillo e non si partiva mai. Diciamo che adesso sono come San Tommaso. Prima voglio salpare le ancore e poi ne sa­rò certo», sottolinea il capitano. E assicura che «pure i 19 indiani, co­me gli altri membri dell'equipag­gio, hanno vissuto questi 77 giorni senza sconti, sulla loro pelle».
Il suo comandante in seconda, Carlo Noviello, parla di oltre due mesi «angoscianti». Pure lui sotto­linea che la liberazione «è una bel­la notizia, ma per festeggiare aspetteremo il ritorno in Italia dei due ragazzi che lasciamo a terra. Lo abbiamo promesso».

Salvatore Girone e Massimilia­no Latorre resteranno nel carcere di Trivandrum. Gli altri quattro fu­cil­ieri del nucleo di protezione an­tipirateria a bordo della «Lexie», invece, torneranno finalmente a casa. Si tratta del sottocapo di pri­ma classe Massimo Andronico, del sottocapo di terza Alessandro Conte, del suo parigrado Antonio Fontana e del sergente Renato Vo­glino, tutti del reggimento San Marco. Il più anziano, Voglino, ha 34 anni ed il più giovane, Fontana, è del 1983.

Il comandante in seconda spie­ga a il Giornale che «stiamo tutti bene anche se un po' stressati. Ogni giorno ne saltava fuori una. Abbiamo l'amaro in bocca. Si spe­rava di partire tutti assieme, ma sa­pevamo che era un desiderio va­no ».

Negli ultimi giorni si temeva che a causa dell'ennesimo rinvio la petroliera fosse destinata a ri­manere a Kochi fino a luglio, dopo le ferie dei magistrati della Corte suprema. Fra i familiari dei 7 ma­rittimi italiani a bordo e la Farnesi­na c'è stata qualche incompren­sione, ma alla fine il governo ha fir­mato la lettera d'impegno per i quattro marò superstiti a ripresen­tarsi in India per testimoniare, se fosse necessario. Una clausola chiesta dallo stato dal Kerala e im­posta dalla Corte suprema.

Da Napoli sta arrivando in In­dia il comandante Pio Schiano, che per conto dell'armatore ha sempre seguito il caso. Bisogna far rispettare le ultime clausole im­poste dalla corte. Non solo: per la partenza della petroliera è stato chiesto un deposito di 30 milioni di rupie (440mila euro) come «im­pegnativa » di pagamento per eventuali adempimenti che sal­tassero fuori in futuro.

Se non ci saranno intoppi la «Lexie» potrebbe salpare le anco­re venerdì facendo rotta sullo Sri Lanka. A Colombo, capitale dell' isola-Stato, scenderanno a terra i 4 marò superstiti e si imbarcherà un nucleo fresco di protezione an­ti pirateria.

Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha cantato vittoria convinto che «è un primo passo nella dire­zione di una soluzio­ne complessiva della vicenda, che riguar­da soprattutto il ritor­no a casa dei nostri due fucilieri di Mari­na trattenuti in Kera­la ». In realtà l'armato­re si è mosso per pri­mo facendo ricorso a Delhi e sembra che fin dall'inizio non ab­bia avuto un grande appoggio istituzionale. Sollevan­do non pochi malumori e la con­vinzione che con un governo più deciso e meno tecnico almeno la faccenda della nave l'avrebbe ri­solta prima. 

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