Braccio di ferro in Francia sulla sempre controversa questione dei matrimoni tra omosessuali. Il governo socialista li ha voluti a tutti i costi, ignorando il messaggio lanciato dalle sempre affollatissime manifestazioni dei francesi contrari al mariage pour tous. Ma ora che sono legge dello Stato le proteste della Francia moderata non sono finite. Stavolta sono i funzionari municipali a chiedere libertà di coscienza. Addirittura ventimila tra sindaci e vicesindaci hanno firmato una petizione per il diritto di rifiutarsi di celebrare matrimoni che non sentono come legittimi.
La questione dell'obiezione di coscienza è finita davanti al Consiglio Costituzionale, organo che ha la funzione primaria di verificare la costituzionalità delle leggi. Infatti sette sindaci, guidati dal portavoce del collettivo Sindaci per l'Infanzia Franck Meyer, hanno sollevato questione di costituzionalità davanti al Consiglio di Stato: a loro avviso le sanzioni previste dalla legge Taubira (quella che regola le cosiddette «nozze gay») contro gli ufficiali di stato civile che rifiutano di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso violano la libertà di coscienza che è appunto garantita dalla Costituzione. Di tutt'altro avviso il governo, secondo cui sindaci e funzionari altro non sono che meri rappresentanti dello Stato, tenuti come tali ad applicare le sue leggi. Il Consiglio di Stato ha deciso rinviare la questione al Consiglio Costituzionale, che se ne occuperà domani in una prima seduta dedicata alle arringhe, cui seguirà una decisione in data ancora imprecisata.
«Chiediamo solo il rispetto delle nostre convinzioni più profonde - ha detto al quotidiano Le Figaro Bernard Piot, sindaco di Lignol-le-Chateau, un paesello di 200 abitanti nel sud della Francia -. Davanti a una legge che le offende bisogna avere la possibilità di dire no. La libertà di coscienza e di religione è garantita dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nel preambolo della Costituzione francese».
Piot non si è limitato a parlare con i giornalisti: la settimana scorsa il consiglio comunale di Lignol-le-Chateau ha votato su sua iniziativa una deliberazione che autorizza il sindaco e i suoi vice «a fare atto di obiezione di coscienza nel quadro delle loro funzioni di ufficiali di stato civile». La deliberazione è stata sospesa da un tribunale amministrativo, ma l'esempio di Piot è stato seguito da altri sindaci, innescando un processo che ha portato fino all'intervento del Consiglio costituzionale.
La sfida sull'obiezione di coscienza in tema di matrimoni omosessuali non è l'unico esempio di resistenza in Francia a un'offensiva laicista e «politicamente corretta» guidata dalla sinistra del presidente François Hollande. Risale a pochi giorni fa la decisione del governo di fare affiggere in tutte le scuole del Paese un «decalogo della laicità» che ha spinto l'opposizione e molti intellettuali a reagire denunciando un'aperta offensiva contro la libertà religiosa e la neanche velata intenzione di imporre agli scolari una sorta di pensiero unico di Stato.
Il caso di cui i «saggi» esperti di costituzionalità sono chiamati a occuparsi domani vede invece contrapposte due visioni: quella più liberale secondo cui «un eletto del popolo deve avere la stessa libertà di coscienza garantita ad avvocati, medici e magistrati», e quella più statalista per la quale «lo Stato non può accettare che l'applicazione delle leggi repubblicane dipenda dalle convinzioni personali» degli ufficiali di stato civile».
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