ParigiIl presidente della Repubblica francese compare sempre meno sulla scena tv. E c'è un perché. L'Eliseo, dati alla mano, ha stabilito: meglio non esporsi mediaticamente, per François Hollande, se non è strettamente necessario. Così le comunicazioni sull'attività del governo sono ridotte a meri comunicati o lanci d'agenzia. Come quello sulla tassazione al 75% per i patrimoni sopra il milione di euro. Ormai in forse. La misura, giudicata «eccessiva» dalla Corte, e in palese «violazione dell'eguaglianza nelle tassazioni», sarà rivista al ribasso. Giovedì sera, Europe 1, ha rivelato che il presidente si appresta a «rinunciare» a questa promessa di campagna elettorale. Una parziale smentita è arrivata da Matignon e Bercy, sedi dei ministeri competenti, e poi dal premier Jean-Marc Ayrault: «Il governo lavora a una soluzione di rimpiazzo che sia conforme alla decisione del Consiglio costituzionale». Silenzio di Hollande.
Il presidente è costretto dall'andamento negativo dei sondaggi a tacere sui propositi, non essendo più così certo di portare avanti i progetti simbolo della campagna socialista. Ultimo, il matrimonio per le coppie omosessuali e le conseguenti adozioni. Dopo la manifestazione «per tutti» che ha portato a Parigi tra le 380 e le 800 mila persone, di provenienza trasversale, l'Eliseo ha fatto sapere di rispettare la piazza, ma di voler proseguire in Parlamento «questa battaglia di civilità».
Informalmente, Hollande ha prima negato ai rappresentanti della «Manif pour tous» di essere ricevuti. Poi, viste le pressioni continuate nei giorni seguenti, ha accettato l'incontro all'Eliseo. Senza comunicare l'esito. L'unico fronte aperto che gli ha giovato è stata la decisione di intervenire in Mali: l'operazione militare gli ha fatto guadagnare subito un punto percentuale nei sondaggi. Così, da tre settimane, alcuni esperti hanno suggerito al presidente di parlare il meno possibile, su stampa e tv, dei provvedimenti in cantiere o già in Parlamento, affidando al premier la retorica del faremo tutto il possibile per risolvere la situazione su disoccupazione e temi economici.
Ora, però, anche l'intervento maliano, su cui Hollande è stato in parte contraddetto dal suo ministro degli Esteri, si sta ritorcendo contro l'Eliseo. Alla vigilia, il presidente aveva spiegato che la Francia sarebbe rimasta in Mali «per tutto il tempo necessario». Laurent Fabius, capodiplomazia, ha aggiustato il tiro: «Non abbiamo intenzione di restare in eterno», ha detto incalzato dalla stampa. Fabius ha dovuto tamponare questa latitanza mediatica parlando anche dei problemi di politica interna che affliggono l'esecutivo: «Il governo non dimentica le difficoltà economiche e sociali del Paese, se ne occupa quotidianamente, ma abbiamo bisogno di unità nazionale».
Interrogarsi sulla linea Hollande è legittimo, visto che i provvedimenti dell'esecutivo francese, per accelerare l'uscita dalla crisi, tardano a concretizzarsi: incluso riportare il deficit di bilancio al 3% del Pil. L'esito dell'ultima grande conferenza stampa presidenziale (400 giornalisti all'Eliseo), novembre scorso, fu disastroso: l'80% della popolazione francese si era detto «insoddisfatto», dunque cambio di rotta da quel momento e oggi chiusura a cerniera dell'Eliseo.
Il presidente che ha sempre cercato il contatto con la gente, il «presidente di tutti», come aveva giurato di essere, lascia sempre meno tracce. Se non di fronte a episodi che lo riguardano direttamente: settimana scorsa, ha cambiato l'auto su cui viaggia, una Citroën C4 ibrida, ed è passato a una C6 blindata del parco macchine dell'Eliseo. Motivi di sicurezza personale, spiega sempre una nota.
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