I jihadisti del Mali: «Vi colpiremo al cuore» E ora la Francia trema

Sola e nel mirino. La Francia si risveglia dopo un weekend di guerra e scopre d'aver poco di cui rallegrarsi. Mentre il presidente François Hollande tace, il ministro per la Difesa Jean-Yves Le Drian assicura che tutto gira per il meglio. I fatti non sembrano dargli ragione. Mentre il ministro canta vittoria per la «liberazione» di Gao, una roccaforte alqaidista nel nord del Mali, i miliziani jihadisti mettono a segno, ieri mattina, una fulminea operazione-beffa che li porta nel cuore di Diabali, una cittadina nel centro del paese ad appena 400 chilometri dalla capitale Bamako.
Archiviata l'illusione di una vittoria facile e veloce la Francia deve, inoltre, far i conti con la paura del terrorismo. A evocarla ci pensano i portavoce del Mujao (Movimento per l'Unita e la Jihad nell'Africa Occidentale) uno dei tre gruppi integralisti schierati - assieme ad Al Qaida Mahreb ed Ansar Dina - sul fronte del Mali. «La Francia attacca l'islam e noi colpiremo la Francia al cuore» - promette in un comunicato Abu Bardar, uno dei capi del Mujao nel nord del paese.
Il messaggio, come conferma l'allarme lanciato dal capo della polizia Claude Baland che predispone immediate misure di protezione per tutti i siti sensibili, è molto più di una boutade. E non solo perché la comunità del Mali in Francia è una delle più consistenti. Il movimento jihadista legato ad Al Qaida Maghreb o ad Ansar Dina mantiene solidi legami con i militanti e le cellule islamiste infiltrate all'interno di tutta l'immigrazione proveniente da Maghreb, Sahel ed Africa Occidentale. La Francia fa i conti, insomma, con un'invisibile ed inafferrabile falange, capace di colpire dietro le linee e seminare il panico tra la popolazione civile. E la situazione ostaggi rende il tutto più angosciante. Al momento i terroristi del Mali hanno in mano tre cittadini francesi. Nel vicino Niger, paese cruciale per i giacimenti di uranio controllati dalla società nucleare Aruva, altri quattro loro connazionali sono prigionieri di Al Qaida Maghreb. L'ingegnere Francis Colump è, invece, stato rapito da un gruppo islamista nel nord della Nigeria. I terroristi hanno a disposizione, insomma, almeno otto vite umane con cui ricattare l'Eliseo. Un Eliseo dove François Hollande fa i conti ora con il rischio di una débâcle totale.
Dopo il fallimento del blitz in Somalia (ieri la diffusione delle foto del comandante francese ucciso dagli Shebab durante l'operazione), dopo il cinico isolamento riservatogli da un'America e un'Europa pronte ad appoggiarlo solo a parole, il presidente deve fare i conti con la beffa subita sul fronte di Diabali. Ieri mattina le colonne jihadiste comandate da Abu Zeid, uno dei capi di Al Qaida Maghreb nel Mali, penetrano dal confine della Mauritania e attaccano la cittadina lungo l'indifeso versante occidentale. L'esercito del Mali, colto di sorpresa, fugge senza combattere lasciando il centro al nemico. Dopo quattro giorni di operazioni e bombardamenti aerei la situazione sembra tornata al punto di partenza.

Le forze francesi, intervenute per bloccare l'avanzata delle colonne al qaidiste che minacciavano di conquistare il centro strategico di Konna e marciare poi su Bamako, 500 chilometri più a sud, si ritrovano a far i conti con un'avanguardia ribelle ancor più vicina alla capitale. E il capo della diplomazia francese Laurent Fabius annuncia che l'Unione europea discuterà del dossier Mali in un meeting straordinario dei ministri degli Esteri in settimana.

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