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Per l'emergenza Libia 200 marines in Sicilia Ma a Roma è polemica

Pd e Sel chiedono chiarimenti sulle forze speciali inviate dagli americani. Tutto regolare per il ministero della Difesa

Per l'emergenza Libia 200 marines in Sicilia Ma a Roma è polemica

Duecento marines, secondo una fonte del Giornale, sono arrivati a Sigonella pronti ad intervenire in Libia. «Solo una parte» della task force di pronto intervento di 500 uomini dislocata in Spagna è stato trasferito nella base siciliana vista «la situazione in Nordafrica». Lo affermano fonti diplomatiche statunitensi. L'avanguardia è arrivata lo scorso fine settimana con aerei da trasporto C 130 proveniente dalla base spagnola di Moròn, più distante dalle coste libiche. A Sigonella ci sono anche i Navy Seal, i corpi speciali della Marina che hanno ucciso Osama Bin Laden. Secondo i diplomatici Usa le truppe sono pronte ad intervenire in «operazioni di appoggio alle sedi diplomatiche Usa» in Libia e Nordafrica, «assistenza umanitaria e missioni di soccorso». L'attacco dello scorso settembre al consolato Usa di Bengasi, dove è stato ucciso l'ambasciatore americano, sta ancora sollevando forti polemiche. L'intera operazione «è in linea con impegni e relativi accordi presi con il governo italiano» secondo una fonte dell'Ansa a Sigonella.

Verso la metà della settimana scorsa la Cia temeva un colpo di stato «fondamentalista» a Tripoli grazie alle milizie che circondavano i principali ministeri per spingere all'approvazione di una legge purga degli ex di Gheddafi. La norma è stata votata dal Parlamento domenica e provocherà altre tensioni in vista della sua applicazione il 5 giugno.

Il dispiegamento di rinforzi a Sigonella ha acceso la miccia delle solite polemiche italiane. «Il governo informi rapidamente il Parlamento sullo spostamento di 500 marines americani dalla Spagna alla base in Sicilia», chiede il deputato Pd Michele Anzaldi, in un'interrogazione ai ministri degli Esteri, Emma Bonino, e della Difesa, Mario Mauro. Sel lo segue a ruota. Una nota del ministero della Difesa precisa che «La presenza dei soldati americani nella base di Sigonella in Sicilia è conforme agli accordi bilaterali Italia - Usa, sia nel numero sia nella missione svolta».

I marines utilizzano anche i «convertiplani», Mv22 Osprey, aerei in grado di atterrare e decollare come elicotteri. Il portavoce del Pentagono, George Little, ha spiegato che «così saremmo pronti a rispondere rapidamente se le condizioni in Libia peggiorassero o se ci fosse richiesto». Dalla base siciliana decollano anche i Global Hawk ed i Reaper, i droni che sorvolano non solo l'ex regno di Gheddafi. I primi, velivoli senza piloti strategici, tengono d'occhio pure gli arsenali di armi chimiche in Siria.

Non solo: l'intelligence ha segnalato che i miliziani filo Al Qaida in fuga dal Mali, dopo l'intervento militare francese, si stanno leccando le ferite in Libia. Nel sud del Paese, fra le dune del Fezzan, avrebbero già allestito tre basi.

Personale diplomatico americano e britannico, non indispensabile, ha lasciato Tripoli la scorsa settimana. Tempo fa il consolato inglese non è stato sbriciolato da due autobombe fermate appena in tempo. La stessa Farnesina, sul sito Viaggiare sicuri, ricorda la macchina minata del 23 aprile davanti all'ambasciata francese ed «evidenzia la perdurante complessiva fragilità del quadro di sicurezza in Libia, all'interno del quale possono trovare spazio azioni di matrice terroristica».

La minaccia integralista si sta espandendo nella capitale, anche se l'epicentro della violenza che colpisce i simboli occidentali rimane Bengasi. L'esplosione davanti ad un ospedale di lunedì forse era solo un incidente, ma nella «capitale» della Cirenaica, come si legge sul sito Viaggiare sicuri, «la cosiddetta "scuola europea" è stata oggetto di un attacco, non armato, da parte di un gruppo salafita che protestava contro la diffusione di un libretto scientifico contenente riferimenti all'educazione sessuale».

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