L'ambasciatore italiano in India «Daniele Mancini non deve lasciare il Paese senza permesso». Il ministero degli Interni di Delhi ha inviato questa comunicazione urgente, via fax, a tutti gli aeroporti. L'ambasciatore è di fatto in «ostaggio», come denuncia il più rappresentativo sindacato delle feluche. Una rappresaglia per il mancato rientro dei marò, che non sarà l'unica. L'India sta ridimensionando la sua ambasciata a Roma e potrebbe imporre un giro di vite sulla concessione dei visti agli italiani.
Nel frattempo la Farnesina, sul sito Viaggiare sicuri, ha invitato i connazionali che si trovano in India alla «prudenza». «In relazione ad eventuali manifestazioni di protesta, in particolare nello Stato del Kerala, legate alla vicenda dei due marò, si raccomanda un atteggiamento sempre vigile e prudente e di tenersi lontani da eventuali assembramenti» si legge su Internet.
Il più forte sindacato dei diplomatici (Sndmae) «esprime la sua piena solidarietà all'Ambasciatore d'Italia in India, Daniele Mancini». E ricorda che la limitazione delle «sue possibilità di movimento contrasta palesemente con quanto stabilito dagli articoli 29, 31, 44 della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche, ratificata dall'India nel 1965». I diplomatici ricordano che «pure in caso di conflitto armato» si rispettano gli ambasciatori. L'immunità serve proprio ad evitare che i diplomatici «siano magari presi in ostaggio nell'adempimento del proprio dovere, come sta accadendo all'Ambasciatore Mancini».
Il ministro degli Esteri in scadenza, Giulio Terzi, continua a tacere. Il governo di Delhi vuole mostrare i muscoli, ma sembra diviso. Da una parte annuncia che verrà fatta rispettare l'ordinanza della Corte suprema che vieta a Mancini di lasciare l'India. Dall'altra assicura con il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, che «l'ambasciatore italiano può muoversi liberamente e non può essere arrestato in quanto gode di immunità diplomatica».
L'esecutivo si contraddice dimostrando una spaccatura al suo interno fra linea dura scelta dal premier Manmohan Singh e quella più cauta del ministro degli Esteri.
Ieri l'ambasciata italiana ha lavorato regolarmente, continuando a rilasciare visti agli indiani. Mancini è uscito in macchina, con la bandierina tricolore, per un incontro con gli avvocati.
In vista dell'udienza di lunedì alle 10.30 del mattino, le 6 in Italia, fissata dalla Corte Suprema, si sta studiando la tattica da adottare. I giudici hanno intimato all'ambasciatore, a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri di Marina che resteranno in Italia, di fornire spiegazioni con una memoria.
Sulla vicenda è intervenuto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon. Il suo portavoce, Eduardo Del Buey, ha inviato India ed Italia a «risolvere pacificamente» i contrasti «rispettando il diritto internazionale». Stessa litania da parte dell'Unione Europea, mai particolarmente attiva nel caso dei marò. Aria fritta tenendo conto che Delhi ha già congelato l'arrivo del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta. Un diplomatico di alto livello che doveva partire ieri, dopo aver ricoperto l'incarico di direttore generale del Ministero degli Esteri. Ieri il ministro degli Esteri di Delhi ha dichiarato che non è stata presa ancora nessuna decisione sulla riduzione della presenza diplomatica a Roma.
A questo punto, secondo il docente di diritto internazionale, Natalino
Ronzitti, i due marò «non vanno restituiti all'India nè risulta opportuno ricorrere all'arbitrato internazionale. I fucilieri di Marina sono sotto la giurisdizione italiana. E qui devono essere giudicati».www.faustobiloslavo.eu
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