Magistrato fedele a Mubarak decide il destino dell’Egitto

Farouk Ahmed Sultan, prossimo alla pensione, proclamerà il vincitore d'intesa coi militari

Magistrato fedele a Mubarak  decide il destino dell’Egitto

Una trattativa segreta e delicatissima all'ombra delle urne piene di voti. Un arbitro assai poco imparziale pronto a infliggere il colpo di grazia ai Fratelli Musulmani. Sono le verità nascoste di un ballottaggio per la presidenza egiziana trasformatosi in un thriller. L'ultimo atto è fissato per le 15 di quest'oggi, quando dovrebbero venir resi noti i risultati. Ma la vittoria non dipenderà dai voti bensì dalla disponibilità del movimento islamista e del suo candidato Mohammed Morsy ad accettare le condizioni del Consiglio Supremo delle Forze Armate. Per farsi proclamare vincitore Morsy deve accettare di svolgere il ruolo di presidente dimezzato. Un presidente disposto ad accettare le regole contenute nell'appendice costituzionale varata dai generali la scorsa domenica. Un presidente privo di controllo sui bilanci dell'esercito, sulle decisioni riguardanti la sicurezza e sui decreti del Consiglio Supremo delle Forze Armate.
Ma il punto più delicato riguarda il Parlamento dissolto dai militari. Morsy e i suoi chiedono l'immediata reintegrazione dell'assemblea. L'unica ipotesi di nuove elezioni riguarda, dal loro punto di vista, il 30 per cento dei seggi dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale. I generali ribadiscono, invece, di non voler concedere il ritorno alle urne prima del varo della nuova Costituzione, ma promettono di coinvolgere i Fratelli Musulmani nella sua riscrittura.
Di fronte a questi diktat Morsy e compagni hanno pochi spazi di manovra. L'esito del ballottaggio è, infatti, in mano a Farouk Ahmed Sultan, il presidente della Corte Costituzionale che ha sancito l'ammissibilità dell'ex premier Ahmed Shafiq alle elezioni e siglato l'atto che ha reso possibile lo scioglimento del Parlamento. Nonostante i 71 anni suonati e l'imminente pensionamento, Farouk continua a presiedere sia la Corte Costituzionale sia la commissione elettorale. Proprio per questo è considerato l'eminenza grigia del golpe bianco con cui i militari hanno archiviato in un colpo solo rivoluzione, Parlamento e Fratelli Musulmani. In verità è solo un fedele esecutore, un magistrato pronto a regalare la vittoria all'ex premier Shafiq e ad ignorare i voti raccolti da Morsy. La sua fortuna è strettamente legata a quelle doti di zelante esecutore esibite, per gran parte della carriera, presiedendo i tribunali speciali del regime.
La vera svolta per lui arriva nel 2009, quando Mubarak incomincia a porsi il problema d'arginare l'autonomia della magistratura in vista delle presidenziali previste, a quel tempo, per il 2011. La soluzione è la nomina a presidente della Corte Costituzionale di quell'anziano magistrato. A tre anni di distanza quella nomina è un'altra delle incancellabili eredità del Faraone. Sultan, il cui pensionamento è già previsto per la fine di giugno, non ha più nulla da perdere. Deve solo scegliere se trascorrere la vecchiaia guardandosi dagli antichi nemici o garantirsi un agiato riposo circondato dalle attenzioni del sistema a cui ha sempre obbedito. Per questo non ha avuto problemi a favorire lo scioglimento del Parlamento. Per questo non avrebbe problemi a cancellare la vittoria di Morsy e regalarla ad Ahmed Shafiq, l'ex comandante dell'aviazione pronto ad interpretare al meglio la volontà degli ex colleghi generali.
Con un arbitro come Sultan , i Fratelli Musulmani hanno poche alternative. Se non accetteranno il diktat perderanno sia la vittoria sia quel simulacro di presidenza. A quel punto non avranno altra scelta che tentare la mobilitazione di piazza. Ma è una scelta rischiosa.

Quindici mesi di rivoluzione scanditi da ambigue trattative tra islamisti e generali hanno fiaccato il Paese ed eroso la loro credibilità. E mentre tribunali e corti speciali sono già pronti a rimettersi in moto la piazza potrebbe, invece, esitare.

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