Il nucleare accende l'economia Vuoi vedere che ha ragione Abe

Dovevano chiudere le centrali, ma per il governo "l'atomo è strategico". Risorge il Sol levante: quando vince il pragmatismo

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe
Il primo ministro giapponese Shinzo Abe

Siamo realisti, dell'energia nucleare non si può fare a meno. É il messaggio che arriva dal Giappone dove il primo ministro Shinzo Abe ha appena varato un documento programmatico per stimolare l'economia che prevede appunto la riaccensione degli impianti nucleari dopo attenta verifica del loro stato basata su nuove regole che verranno rilasciate in luglio. É una svolta radicale, e anche sorprendente, dopo che l'anno scorso l'allora governo guidato dal Partito Democratico era andato vicino alla chiusura definitiva di tutte le centrali, come conseguenza del grave incidente di Fukushima del 2011. Attualmente sui 50 reattori presenti in Giappone soltanto due sono funzionanti, nella prefettura di Fukui, ma l'intenzione del governo è già stata raccolta dalla Kepco, ente energetico giapponese, che ha annunciato la richiesta di riaccensione di quattro reattori.
La decisione di Abe è molto pragmatica: da quando è tornato alla guida del governo lo scorso dicembre si è concentrato sull'economia, in fase di stagnazione ormai da venti anni, e ha varato un programma aggressivo che si fonda su tre pilastri: politica monetaria espansiva, un massiccio stimolo fiscale e riforme strutturali per rilanciare l'economia. La nuova opzione nucleare è parte del terzo pilastro. Abe va di fretta, non solo per la gravità della crisi giapponese ma anche perché ci si aspetta dei segnali di inversione di tendenza nel breve termine, visto che le prossime elezioni dovranno tenersi questa estate, forse già il 21 luglio. Se il Partito Liberal Democratico di Abe conquisterà la maggioranza allora il ritorno del nucleare sarà certo.
Il motivo è tutto nei numeri: da quando sono stati fermati gli impianti nucleari dopo Fukushima, i prezzi dell'energia sono aumentati a dismisura, e il costo generale per l'economia nipponica è stimato a 13 miliardi di dollari l'anno. Il Giappone non ha risorse naturali e oggi si trova a importare l'84% dell'energia di cui ha bisogno per soddisfare la propria domanda. E in attesa di poter sfruttare nuove tecnologie per sfruttare le riserve di gas naturale dai fondali dell'Oceano circostante, intanto si ritrova a essere il maggior importatore mondiale di gas naturale liquido, il secondo importatore di carbone e il terzo - dopo Stati Uniti e Cina - di petrolio. Il che mette a rischio tutti gli sforzi di rilanciare l'economia già promossi con una forte immissione di denaro in circolazione e l'aumento della spesa pubblica. Il principale nemico dell'economia giapponese è la deflazione, la costante discesa dei prezzi che spinge a posticipare i consumi in previsione di prezzi ancora più bassi. Questo a sua volta ha effetti negativi sul debito, arrivato ormai a circa il 200% del Pil. É una spirale negativa che in Giappone dura ormai da quindici anni e Abe ha deciso di dire stop attraverso una politica economica molto aggressiva, che sfida anche le scelte delle altre economia sviluppate.
Il primo effetto delle decisioni di Abe ha già prodotto un forte indebolimento dello yen (in 5 mesi si è deprezzato di quasi il 20%, passando dagli 80 yen per dollaro dello scorso novembre ai circa 100 attuali), con conseguente aumento dell'export. Il governo inoltre ha l'obiettivo di raggiungere un tasso di inflazione annuo del 2% da mantenere costante nel tempo. Per il momento Abe ha ottenuto un'apertura di credito dal Fondo Monetario, che - pur avvertendo dei rischi - ha stimato per il 2013 una crescita dell'economia dell'1,6% e considera la «Abenomics» (così è stata definita la politica economica di Abe) «una opportunità unica di fermare la deflazione e la stagnazione e far scendere il debito pubblico».


Ma uno yen debole significa anche costi maggiori per le importazioni, in primis dell'energia di cui il Giappone ha bisogno. Da qui la necessità di ridurre le importazioni e i costi attraverso l'unica strada attualmente percorribile: la riaccensione dei reattori nucleari.

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