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Qualcosa si muove: il Pentagono richiama al lavoro 400mila impiegati civili

Qualcosa si muove: il Pentagono richiama al lavoro 400mila impiegati civili

Il braccio di ferro continua. Perché di questo si tratta: un cinico scontro politico tra le due fazioni contrapposte al Congresso per arrivare a ottenere i propri obiettivi. I repubblicani, in particolare, hanno trascinato gli Stati Uniti alla paralisi dei servizi pubblici perché sperano di riuscire a piegare Obama a fare concessioni che in mancanza di una circostanza eccezionale come lo «shutdown» non farebbe mai, soprattutto sulla riforma sanitaria che gli è tanto cara e che loro detestano. Pensano, i repubblicani, che il gioco valga la candela, anche se è un gioco duro e spietato il cui costo immediato ricade tutto sulla pelle dei dipendenti federali, rimasti senza stipendio, e dei cittadini, rimasti senza servizi.
Anche ieri l'America è stata teatro di battibecchi e accuse reciproche tra le due parti, mentre si susseguono i richiami a porre fine a una situazione in qualche modo suicida e le previsioni delle cassandre che ricordano che mancano poco più di dieci giorni alla data del 17 ottobre, quando in mancanza di un accordo politico potrebbe materializzarsi il temutissimo default al cui confronto l'attuale «chiusura» è poca cosa. Il tutto mentre i dipendenti pubblici lasciati a casa continuano a subire con le loro famiglie le conseguenze di una situazione surreale e a impedire loro malgrado all'America intera di condurre una vita normale. Se ne vedono di tutti i colori: mentre il Pentagono richiama comunque al lavoro per inderogabili necessità 400mila impiegati civili, le attesissime statistiche ufficiali sulla disoccupazione non escono per la chiusura forzata dell'ufficio preposto alla loro elaborazione, i negoziati sull'area di libero scambio con l'Unione Europea si bloccano perché i funzionari Usa non possono partire per Bruxelles, perfino i collaboratori della Casa Bianca sono in buona parte costretti a non lavorare, con il paradossale effetto - fra i tanti - che chi telefona all'ufficio stampa della presidenza degli Stati Uniti si sente rispondere dal portavoce Jay Carney in persona.
Barack Obama, in difficoltà, ripete a ogni pié sospinto (lo ha fatto anche ieri) che non tratterà con i repubblicani «con la pistola puntata alla tempia», poi però precisa che se i repubblicani si decideranno a porre fine allo shutdown approvando il bilancio dello Stato lui qualche concessione sulla riforma Obamacare la negozierà. Ieri il presidente ha fatto una strategica passeggiata lungo Pennsylvania Avenue con il suo vice Joe Biden: i due uomini più potenti d'America sono andati a farsi un panino in un fast food e hanno colto l'occasione per spiegare ai cittadini che «la farsa voluta dai repubblicani può e deve finire subito». Il segretario di Stato John Kerry, che intanto è volato in Indonesia al posto di Obama, ha assicurato al mondo che lo shutdown «è solo un episodio momentaneo legato alla politica americana». Il leader repubblicano alla Camera John Boehner, tuttavia, non cede: lo shutdown, ha affermato, «non è un maledetto gioco, siamo bloccati in una battaglia epica.

Stiamo chiedendo di sederci e di avere una discussione».

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