Non saranno «eroi», come dice Boris Johnson, ma nemmeno approfittatori, come vorrebbero gli indignati del movimento «Occupy»: i ricchi danno al Fisco un contributo molto maggiore di quanto si creda. Almeno è così nel Regno Unito, stando a un nuovo studio che ribalta l'ultimo luogo comune che demonizza i «paperoni».
Numeri e fatti: la piazza che per qualche mese ha monopolizzato l'attenzione globale attendandosi un po' ovunque, dallo Zuccotti Park di New York alla Puerta del Sol a Madrid, ha lanciato l'efficace slogan «noi siamo il 99%», intendendo la gente, il popolo, il proletariato e via così coi nomi collettivi che tanto piacciono alle masse progressiste, contrapposta radicalmente all'«1%» dei ricchi. Il sottinteso è chiaro: noi siamo tanti ma poco considerati e vogliamo contare di più, «quelli» sono pochi e privilegiati. E in Inghilterra si è aggiunta anche l'accusa di pagare poche tasse.
Il governo conservatore inglese si è in effetti distinto nel corteggiare chi ha il portafogli gonfio. Quando Hollande annunciò un'aliquota del 75% per colpire i miliardari, salvo poi fare in parte marcia indietro, Cameron disse che in tal caso la Gran Bretagna avrebbe «steso un tappeto rosso ai ricchi francesi». Hollande ottenne di spingere alla fuga gente come Gerard Depardieu e il re della moda Bernard Arnault. Londra, nel frattempo, è diventata la città preferita dai magnati di mezzo mondo, in particolare russi, a cui la regina ha perfino affittato Kensington Palace. È diventata una sorta di città-Stato il cui benessere è di molto superiore al resto del Paese. E anche molti italiani hanno cercato proprio a Londra una casa fiscalmente più accogliente, incluso il nuovo gruppo Fiat-Chrysler.
Ecco perché il sindaco Boris Johnson ha definito i ricchi concittadini «eroi», provocando una sorta di sommossa degli indignati locali. E i laburisti di Ed Miliband cavalcano la piazza, annunciando che, se eletti, aumenteranno l'aliquota sui redditi oltre le 150.000 sterline dal 45 al 50%. Ma l'Institute for Fiscal Studies smonta il presupposto stesso dell'idea: l'1%, cioè chi guadagna oltre la fatidica soglia, paga dal 25 al 30% del totale delle tasse incassate dall'erario inglese. E la quota in questione è lievitata, non diminuita: nel 1980 era solo l'11%, nonostante l'aliquota marginale altissima. Tolti gli occhiali dell'ideologia, restano i numeri. E, secondo l'istituto, la questione vera è che quella sottile fetta di contribuenti è un pilastro fondamentale per l'erario inglese. La morale dello studio è che «concentrare più tasse sui ricchi non è strategia di lungo termine sostenibile».
Il rischio è che i super contribuenti, avendo i mezzi per farlo, fuggano verso altri lidi più accoglienti. La concorrenza fiscale la fanno gli Stati, e i cittadini ne traggono vantaggio. E non sarà la retorica a cancellare questo dato di fatto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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