Giovane, lo sguardo gentile, l'aria del ragazzo della porta accanto perché così ci piace pensare il mondo al di là delle nostre mura di casa e delle nostre certezze, un fallito quasi sempre, un assassino a sangue freddo, senza più niente da perdere tranne se stesso. Tipi qualunque che si improvvisano assassini, un'altro ragazzo perduto da una puntata fallita, da una carta mai entrata. Tutto sa di già visto eppure tutto è sempre così imprevedibile. James Holmes ha 24 anni, il suo passato non racconta nulla di strano, risulta al massimo segnalato per una multa. Si sa che studiava neuroscienze, che voleva salvare il prossimo invece di ammazzarlo, che frequentava la University of Colorado ma lo scorso mese di giugno si era ritirato dagli studi: avrebbe dovuto presentare uno ricerca per il corso di psichiatria e disordini neurologici, ma per il governatore del Colorado John Hickenlooper «il vero squilibrato è lui». Poco altro, la vita di tutti: la mamma infermiera, il papà manager di una società di computer, una sorella minore. «Sono un ragazzo tranquillo, calmo e rilassato» aveva scritto di sè sugli annunci gratuiti, quando un paio di mesi fa cercava un mini appartamentino in affitto. Al cinema di Aurora questo ragazzino dalla faccia pulita si è presentato con un Kalashnikov con un caricatore da 30 colpi, un fucile a pompa, due pistole, ordigni fumogeni e lacrimogeni. Tutto vestito di nero e con i capelli colorati di rosso: «Sono Joker» ha detto entrando in sala. Credeva di essere il nemico giurato di Batman. Invece lo è solo di se stesso.
L'identikit è sempre uguale. «Un bravo ragazzo, molto tranquillo ed educato» dicevano i vicini di TJ Lane, diciassettenne pallido e scavato, così inoffensivo che quando aveva annunciato su Twitter che avrebbe portato una pistola a scuola nessuno l'aveva preso sul serio. Così è entrato nel bar della Chardon High School, Ohio, e come se niente fosse ha cominciato a sparare. Tre morti, il più vecchio aveva la sua età. «Era un ragazzo calmo e intelligente che parlava poco» racconta il nonno di Cho Seung-Hui, una bomba ad orologeria che per mesi Ross Alameddine aveva avuto come compagno di banco al corso di letteratura inglese: è stato il primo a cadere dei trentadue studenti fulminati da Cho al Virginia State, nella più spaventosa strage mai compiuta in una scuola. Jeff Wise, sedici anni, paffutello e rubicondo, mezzo bambino e mezzo ragazzo, amava invece i cartoni animati. Ha ucciso i nonni a fucilate e poi fatto strage nella scuola della sua riserva indiana, eliminando un addetto alla sicurezza, un insegnante e cinque studenti prima di togliersi la vita. Sorrideva, salutava i compagni e sparava. Da bravo ragazzo.
In tutti la stessa logica feroce e infantile che sfugge, un'ossessione nascosta, il rancore di chi ha vissuto poco e male. «James è sempre stato un solitario, tante volte non rispondeva neanche al ciao» dice Tom Mai, il vicino di casa, un ingegnere in pensione, che non si capacita di aver salutato per dieci anni in quel bambino diventato ragazzo uno spietato assassino «anzi mi sembrava tanto timido». Timido. «Sparava come ai pesci in un barile» racconta Jordan Crofter che ha diciannove anni ed è scampato al massacro. Ha colpito 71 persone e ne ha uccise 12. Il suo appartamento, a sette chilometri dal cinema, ora è una santabarbara «una micidiale trappola esplosiva» spiega la polizia. Ci vorranno giorni per sgomberarla dagli ordigni che lui ha piazzato. Il palazzo e l'area tutta intorno sono stati evacuati, per entrare si è deciso di usare uno dei robot degli artificieri. «Avete preso la persona giusta» piange adesso la madre Arlene sfogandosi alla ABC, chiede scusa per quello che può servire a nome della famiglia «i nostri cuori sono vicini alle vittime della tragedia, alle famiglie e ai loro amici».
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