Gli Stati Uniti risponderanno attraverso i canali diplomatici, evitando così dichiarazioni pubbliche, alle pressanti richieste di chiarimento da parte dei Paesi europei dopo le rivelazioni di stampa sullo spionaggio che hanno subito daparte dell'alleato americano. Spionaggio che riguarda anche l'Italia, se è vero quanto ha pubblicato ieri sera il quotidiano britannico Guardian: le nostre ambasciate a Washington e a New York (dove ha sede l'Onu) sarebbero state inzeppate di «cimici» per l'ascolto indebito delle conversazioni che vi si svolgevano. I nomi in codice delle nostre missioni sarbbero stati rispettivamente «Bruneau» e «Hemlock».
I vertici americani reagiscono ostentando autocontrollo («Non commentiamo pubblicamente presunte attività di intelligence», ha detto il portavoce della National Security Agency) ma vi è la consapevolezza della gravità del momento. Gli stessi negoziati per un'area di libero scambio tra le due sponde dell'Atlantico proposta da Barack Obama potrebbero diventare la vittima eccellente dello scandalo provocato dalla nuova puntata di Datagate. Lo fa sapere Bruxelles mentre le autorità di Berlino - ma anche quelle francesi - reagiscono sbalordite e indignate alle notizie pubblicate dal settimanale Der Spiegel secondo cui gli Stati Uniti hanno trattato la Germania come un alleato di terza classe (così si legge testualmente in un documento dei servizi segreti americani), passibile cioè di spionaggio, come accadeva - ai nemici, però - durante la guerra fredda.
E che spionaggio. Risulta che nessun altro Paese dell'Unione Europea (sorvegliata per altro in lungo e in largo a partire dai palazzi di Bruxelles) sia stato controllato quanto la Germania: la Francia, in confronto, avrebbe subito un decimo delle «attenzioni» delle spie di Washington. Secondo i dati verificati dallo Spiegel, la Nsa avrebbe mediamente controllato ogni giorno circa 20 milioni di collegamenti telefonici e 10 milioni di dati internet, arrivando a picchi di 60 milioni. I metadati (cioè chi entra in contatto con chi e quando) relativi a queste informazioni venivano conservati nel quartier generale della Nsa.
Sotto controllo finivano (ed è ragionevole che tuttora finiscano) non solo telefonate e posta elettronica, ma anche sms e chat. Un'attenzione particolare veniva riservata a Francoforte, la capitale economica dove hanno sede la Banca centrale europea (Bce), quella tedesca (Bundesbank) e i principali istituti di credito della Germania.
Ecco dunque spiegato perché il governo di Berlino ha chiesto alla Casa Bianca di « fornire spiegazioni immediate e approfondite se le notizie di stampa su un uso del tutto sproporzionato delle intercettazioni nell'Ue siano attendibili o meno». «Supera ogni immaginazione», ha detto il ministro della Giustizia, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, «pensare che i nostri amici degli Usa guardino agli europei nel modo in cui si guardava ai nemici durante la guerra fredda». Spiegazioni da Washington vengono chieste anche da Parigi, col governo francese che parla di «situazione inaccettabile».
Sembra invece ridimensionarsi un altro capitolo della vicenda Datagate, quello legato a Wayne Madsen, l'ex ufficiale della Marina Usa e per 12 anni collaboratore della Nsa che sabato ha dichiarato che sette Paesi europei tra cui l'Italia avrebbero trasmesso dati sensibili allo spionaggio americano. La notizia pubblicata sul sito del quotidiano britannico Guardian, in prima fila sul tema Datagate, è stata tolta dopo alcune ore, come si fa solitamente quando la fonte non viene più considerata affidabile: Madsen avrebbe un passato di ostilità personale verso il presidente Obama.
Fonti degli stessi servizi italiani hanno smentito che il nostro Paese collabori con gli Stati Uniti nella raccolta di dati personali in virtù di accordi internazionali di intelligence. Una collaborazione naturalmente esiste, viene fatto notare, ma riguarda unicamente la difesa dell'Italia e dei nostri militari all'estero dal terrorismo.
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