Terzi assediato, nemici bipartisan

Terzi assediato, nemici bipartisan

RomaUn aiutino per il ministro? Una guida? Un sottosegretario politico, capace di fornire a Giulio Terzi di Sant’Agata il quid mancante? Solo voci per ora, quello che è certo è che il titolare della Farnesina sta passando un brutto quarto d’ora. L’elenco dei nemici s’allunga. Non bastavano Maroni, Cicchitto, La Russa, Storace, le autorità indiane e lui stesso, adesso lo criticano anche, con garbo, il Pd e, con pesantezza, il Corriere della Sera. Tutte le accuse gravitano due punti: l’incertezza mostrata sul caso dei due marò e lo schiaffo patito dagli inglesi in occasione del blitz in Nigeria.
Davvero un momentaccio, confermato anche dalla copertura istituzionale che gli hanno dovuto offrire Napolitano e Monti. Il ministro in bilico si difende in modo poco protocollare, affidando messaggi a Twitter. Della crisi con Londra non parla. Un po’ perchè il suo collega britannico William Hague gli ha offerto «piena rassicurazione che verrà offerto un resoconto dettagliato su quanto avvenuto» a Sokoto, un po’ perché proprio il Foreign Office ci potrà aiutare a riportare a casa Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Quanto alla gestione dei due prigionieri, non è questo il momento delle polemiche, scrive Terzi: «L’Italia sia, e si mostri, vicina a nostri marò. Avevano e hanno bisogno di noi». Sul Corriere Panebianco lo ha attaccato per i suoi «errori», come il non aver avvertito la nave dei rischi che correva lasciando le acque internazionali, o l’«inutile viaggio» del ministro in India. Lui replica così: «Panebianco sbaglia. Inutile la visita a Kochi? Al contrario». E nel post successivo: «In nessun caso la nave doveva entrare in acque indiane». Appunto. Conclusione: «Le polemiche sulle responsabilità le lascio agli altri, io lavoro per riportarli a casa». Per riuscirci, la Farnesina punta sull’azione dell’Unione Europea e di altri alleati, non solo occidentali.. E pure su «personaggi influenti»: cardinali, industriali, mediatori.
In Italia si spera che dal 18 marzo, dopo le elezioni nello Stato del Kerala, la situazione possa sbloccarsi. Ma le perplessità sulle nostre capacità di gestione delle crisi internazionali sono in aumento, se persino un tipo prudente come il presidente del Senato Renato Schifani ritiene che «sui temi non economici si deve attivare una cabina di regia di concertazione politica». Secondo Fabrizio Cicchitto «a questo punto è necessario un dibattito sereno e anche Terzi deve aiutare a farlo». Per il capo gruppo del Pdl alla Camera c’è un «grave deficit nella politica estera italiana». Dalla vicenda dei marò, persa all’inizio «con un profilo troppo basso, da ordinaria amministrazione», al blitz nigeriano, fino allo scambio con Maroni. «Un ministro degli Esteri, tecnico o politico, non si butta a capofitto in una polemica frontale. Il titolare della Farnesina dovrebbe sommare il massimo delle competenze tecniche e dell’aggressività politica per far valere le ragioni del nostro Paese». Ignazio La Russa parla «di scarsa comunicazione» con gli inglesi. «L’Italia di prestigio ne ha vendere e non si perde il tre mesi. Ma io al suo posto sarei stato costretto alle dimissioni».
Il Pd invece chiede a Terzi più vigore con Londra. «Un’iniziativa assolutamente incomprensibile - sostiene il vicepresidente dei senatori democratici Nicola Latorre - . La situazione degli ostaggi andava avanti da mesi, c’era tutto il tempo per condividere ogni atto. Adesso la presa di posizione del governo deve avere un seguito, non possiamo rassegnarci a non ricevere i necessari chiarimenti. Spero e credo che il governo non trascuri questa esigenza».


«Invece di cinguettare con Twitter, il ministro venga a riferire in Parlamento», chiede il senatore Giovanni Torri, capogruppo leghista in commissione Difesa. E Roberto Calderoli: «Maroni ha ragione, Terzi deve dimettersi, non ne ha imbroccata una. Il governo Monti doveva salvare l’immagine del Paese, invece sta collezionando una figuraccia internazionale al giorno».

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