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Yemen, il carabiniere ostaggio delle tribù

Il friulano Alessandro Spadotto preso da un gruppo locale, già responsabile di altri sequestri lampo

Yemen, il carabiniere ostaggio delle tribù

Le prossime ore saranno decisive per la sorte di Alessandro Spadotto, il carabiniere friulano di 29 anni rapito domenica nello Yemen. Si tratta di un rapimento tribale, non terroristico, che punta ad ottenere dal governo la scarcerazione di un detenuto membro del clan oltre alla restituzione di alcuni terreni nella capitale yemenita rivendicati dai rapitori. Il capo dei sequestratori, secondo l'agenzia on line Mareeb press, sarebbe Ali Nasser Hariqdan della tribù Obeida. Un personaggino condannato a morte per aver ammazzato 2 militari, ma che evidentemente è stato liberato dopo il rapimento di un norvegese delle Nazioni unite. Il giovane Gert Danielsen era stato rapito in gennaio e gli Obeida avevano chiesto di scarcerare proprio Ali Nasser Hariqdan. Se è lui a capo del commando che ha preso Spadotto vuole qualcosa dal governo: promesse di impiego o sviluppo economico non mantenute, oppure la liberazione di qualche altro membro del clan.
Il carabiniere sarebbe già stato portato nel Mareeb, la regione centrale roccaforte della tribù a 170 chilometri ad est di Sana'a, la capitale dove è stato rapito. Sempre gli Obeida in gennaio avevano incaricato dei banditi di sequestrare 6 dipendenti dell'Onu. Una volta accettate le condizioni della tribù sono stati liberati in 48 ore. Però più passa il tempo e si tergiversa sulla trattativa si corre il rischio che i rapitori vendano l'ostaggio ad al Qaida, come è capitato al vice console saudita rapito nella città meridionale di Aden lo scorso marzo.
Il carabiniere di San Vito al Tagliamento (Friuli-Venezia Giulia) era arrivato nello Yemen da sole tre settimane. Addetto alla sicurezza dell'ambasciatore italiano è addestrato anche all'eventualità di venir rapito. Verso le 14 di domenica, ora locale, le 15 in Italia, Spadotto è uscito dall'ambasciata di Sana'a in borghese, ma con la pistola, arma individuale. Il carabiniere è andato in un centro commerciale per comprare una scheda telefonica. Dopo due ore, però, non era rientrato ed i suoi commilitoni hanno dato l'allarme. Non solo: è arrivato un suo sms che confermava il rapimento, ma cercava di aprire subito un canale di dialogo, che si cercherà di portare avanti in queste ore. «Di solito i rapitori si fanno sentire nel giro di 2-3 giorni e spesso chiedono la liberazione di un membro della tribù in prigione» spiega William Strangio, capo missione dell'ong italiana Intersos a Sana'a. L'apparato di sicurezza del governo è indebolito dalla fine tumultuosa dell'era Saleh, il presidente padrone del paese per 33 anni. La criminalità è aumentata e le tribù, vera ossatura dello Yemen, si sentono più forti. In gennaio 6 dipendenti dell'Onu sono stati rapiti su commissione a causa di rivendicazioni tribali. Due mesi fa c'erano stati degli allarmi a Sana'a per possibili sequestri di occidentali. «Non usciamo di casa alla sera e non restiamo in strada a piedi - spiega Strangio a Il Giornale - Ci facciamo venire a prendere e riportare da tassisti fidati».
Il rapimento più eclatante di Abdullah al-Khalidi, vice console saudita ad Aden, «capitale» del sud, era nato inizialmente come tribale. Il diplomatico avrebbe avuto una relazione sconveniente con una ragazza del clan. La faccenda si è complicata e la tribù lo ha venduto ad al Qaida. I terroristi minacciano di decapitarlo, ma hanno già ottenuto la liberazione di cinque loro donne dalle galere saudite. Adesso, secondo il mediatore sempre tribale, basterebbe pagare il riscatto, solo mezzo milione di dollari, per far liberare l'ostaggio. Sorte simile sarebbe capitata ad una donna svizzera che insegnava nella città centrale di Hobeida, sul Mar Rosso, ma per lei il riscatto sarebbe di 5 milioni di dollari. Era l'unica occidentale in ostaggio nello Yemen prima del rapimento del carabiniere. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha parlato con il suo omologo yemenita Abu Bakr al Qirbi: «Ho avuto la totale assicurazione di una massima collaborazione per favorire il rilascio del nostro addetto alla sicurezza». Poi ha aggiunto che «la priorità assoluta deve essere anzitutto quella di tutelare l'incolumità del nostro connazionale». Tradotto: niente blitz per liberarlo. E di conseguenza veloce concessione delle richieste ai rapitori.
L'ostaggio è in forza al 13° reggimento Friuli-Venezia Giulia con base a Gorizia. I genitori vivono a San Vito il Tagliamento. Il papà è un ex carabiniere che ha guidato la protezione civile locale. «Se sarà liberato stapperemo una bottiglia tutti insieme - dice il genitore - ma per il momento vorremmo essere lasciati in pace».

Più loquace il sindaco, Antonio Di Bisceglie: «Alessandro è un ragazzo serio, compito che ha sempre onorato il servizio allo Stato e interpreta in modo ligio il suo dovere». Il primo cittadino è «fiducioso sul rilascio» del carabiniere, figlio unico e fidanzato con una ragazza del paese friulano.
www.faustobiloslavo.eu

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