Torino Il 1992 segna la svolta. L’amianto viene messo fuori legge. Le fibre del metallo blu diventano ufficialmente fibre killer e la loro potenza distruttiva è sotto gli occhi di tutti: dal '93 ad oggi si sono già contate 3mila vittime e altre migliaia moriranno nei prossimi 10 anni. Come un’arma di distruzione di massa. Le conseguenze vivono ancora nelle parole di migliaia di vittime, di migliaia di persone che sono morte e di altrettante che oggi si scoprono malate. Sono queste storie di sacrifici, di sofferenza, d’impotenza che verranno raccontate a Torino, dove ieri si è aperta l’udienza preliminare contro i vertici della multinazionale Eternit. Contro la «fabbrica della morte» che con i suoi quattro stabilimenti in Italia - Casale Monferrato (Al), Rubiera (Re), Cavagnolo (To) e Bagnoli (Na) - ha provocato dagli anni Settanta a oggi una strage silenziosa. Ieri al palazzo di Giustizia di Torino, grazie al lavoro del procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e dei suoi sostituti Sara Panelli e Gianfranco Colace, questo silenzio ha trovato voce e sfogo. Alle nove compare lo striscione contro l'amianto killer, firmato dalle associazioni delle vittime. Dietro decine di sigle, centinaia di volti. Arrivano da tutta Italia e da mezza Europa. E sono qui a chiedere giustizia. Vogliono costituirsi parte civile contro lo svizzero Stephan Schmidheiny, 61 anni, e il barone belga Jean Louis De Cartier, 88 anni, accusati di disastro doloso e omissione dolosa di sistemi antifortunistici. L’Inail ha chiesto 246 milioni di euro di danni per le spese sostenute con le pensioni di indennità erogate a coloro che si sono ammalati proprio a causa dell’amianto.
Il Palagiustizia è stato trasformato per l'occasione: transenne per delimitare percorsi guidati, c’erano polizia e carabinieri, uomini della protezione civile con un presidio medico mobile. L’appello appare infinito: circa 6mila aventi diritto. I primi ad arrivare sono stati 27 emiliani. Hanno affittato un pullman per raggiungere Torino. Sono ex operai, figli e nipoti di lavoratori morti dopo aver lavorato nello stabilimento Eternit di Rubiera. «Mio padre - sottolinea Franca Casciani - è morto per un tumore ai polmoni il 4 agosto 1996». E mentre confluivano le parti, la Cgil faceva un presidio di fronte al tribunale. Con loro anche gli operai della Thyssenkrupp insieme al comitato rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro. Sette gli autobus arrivati da Casale Monferrato. Duemila in tutto le vittime, di cui mille e 500 sono ex operai o parenti, gli altri 500 sono cittadini che in Eternit non hanno mai lavorato. «Vorrei che quell’uomo, Schmidheiny, conoscesse la mia disperazione - ha detto Romana Pavesi Blasotti, presidente dell’Associazione familiari delle vittime -. Che conoscesse quella delle famiglie di tutto il mondo e offrisse lui, personalmente, l’assistenza a chi sta morendo per colpa dell’amianto. Io ho assistito, fino alla morte, prima mio marito, poi mia sorella e mia figlia». Intorno alle dieci ha fatto capolino un piccolo gruppo di francese dell’Associazione Ardeva Midi Pyrenees: sono arrivati dal paese di Alby, dove c’è un’amiantifera. Anche loro si sono uniti al presidio sottolineando di avere avuto anche una trentina di vittime tra lavoratori e residenti nella zona.
La prima Sezione dell’udienza è stata dedicata solo all’appello delle aspiranti parti civili dalla «A» alla «L», domani è in programma il resto. «Sarà un processo giusto per tutti, per le vittime e per gli imputati», ha detto il pubblico ministro Raffaele Guariniello prima di entrare in una delle due maxiaule. Alle tre e mezza l’udienza è stata aggiornata, fino a quel momento si erano iscritte per la costituzione di parte civile 500 delle seimila aventi diritto. Presenti per la costituzione di parte civile anche la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, e il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta. Una presenza che non è passata inosservata in questo periodo di campagna elettorale.
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