Per un voto è respinta dal consiglio comunale la mozione Pd che chiedeva le dimissioni di Diana Bracco, ad della società di gestione di Expo 2015. Ma con dieci voti (della maggioranza) l’aula di Palazzo Marino approva una seconda mozione Pd dove «si impegna il sindaco a sostenere la richiesta di dimissioni da parlamentare di Lucio Stanca, ad di Expo 2015». Entrambi scrutini a voto segreto ma, attenzione, per la mozione Stanca - 51 consiglieri presenti, di cui 30 della maggioranza - in «tredici hanno disobbedito alle indicazioni dei capigruppo»: infatti, dal centrodestra, assente Matteo Salvini della Lega, in dieci hanno votato a favore e in tre si sono astenuti. Franchi tiratori che hanno regalato un colpo di scena, un segnale «chiarissimo» commenta Pierfrancesco Majorino (Pd): «È uno schiaffone al modo di gestire Expo da parte del centrodestra». E mentre Carlo Fidanza (Pdl) chiosa che «l’onorevole Stanca sarebbe il primo a comportarsi di conseguenza se si dovesse ravvisare una reale difficoltà a svolgere entrambi gli incarichi» ovvero «Stanca privilegerebbe Expo», Maurizio Baruffi (verdi) sostiene che «questo voto rivendica l’orgoglio di Milano che vince l’Expo» poiché «anche la maggioranza non accetta l’imposizione di Silvio Berlusconi su Expo, con un doppio incarico - uno romano e uno milanese - per Stanca». Più che azzeccata, dunque, la nota di Aldo Brandirali (Pdl): «Prevale la logica moralista», «è giusto che a un incarico di grande responsabilità sia affidato a un’alta professionalità. Spiace che molti colleghi di partito abbiano cercato di limitare così il peso di una presenza così decisiva e importante». Virgolettati cui s’aggiunge la «soddisfazione dell’Udc: «La politica, oggi, dà ragione alla nostra posizione, quando sostenevamo che il doppio incarico era inopportuno».
Ma, ieri, i consiglieri comunali hanno pure reclamato a Letizia Moratti di invitare Elio Catania, presidente e ad di Atm, a compiere un passo indietro, di ritirare cioè il ricorso presentato al Tar contro «la delibera di giunta che impone un tetto allo stipendio di Catania».
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