Facce di bronzo: dall’argentino di Sturla al miracolato di Savona

I fratelli Sibello hanno festeggiato la medaglia che non c’era

Facce di bronzo: dall’argentino  di Sturla al miracolato di Savona

(...) e una simpatia contagiosa, abbinata alla freschezza dei ventenni. Insomma, una vera gioia anche per chi deve scegliere le fotografie nei giornali. Se solo le sue martellate ci avessero dato più occasioni di parlare di lei. Che ha commentato la sua prestazione con un disarmante: «Che figura di merda». Non sarà finissimo, ma rende bene l’idea dell’Olimpiade di Silvia.
Certo, se il Setterosa fosse stato all’altezza delle aspettative, saremmo qui a parlare dell’eroismo di Elisa Casanova, gigantessa centroboa genovese, che ha giocato le partite delle Olimpiadi con dolori alla schiena e con una maschera protettiva al viso dopo una forte contusione subita nella partita con la Russia. Elisa - peraltro decisiva nelle partite di qualificazione - si è trasformata così in una Bat-girl delle piscine, ma nemmeno questo è stato sufficiente a portare lei e la nazionale italiana di pallanuoto femminile sul podio.
Certo, se Paola Cavallino avesse superato almeno un turno di qualificazione nella sua gara in vasca, potremmo abbeverarci alla sua dolcezza di mammina delle piscine che, dalla Valpolcevera, conquista le Olimpiadi una prima volta, fa una bimba, lascia momentaneamente le gare, si riconquista altre Olimpiadi e, insieme alla sua bimba e al marito-allenatore, regala record e umanità. Ma, stavolta, il miracolo di Paola è stato quello di arrivare a Pechino quando nessuno se lo aspettava. Il resto era solo un sogno. Però. Però Paola era compagna di camera di Federica Pellegrini e Fede ha candidamente ammesso che la mammina genovese le regala serenità e simpatia. E quindi, almeno idealmente, un pezzetto dei record e dell’oro della sexy valchiria veneta un po’ sono anche targate Cavallino.
Certo, se il vincitore della medaglia d’oro individuale Matteo Tagliariol non si fosse fatto male all’ultimo assalto, a poco più di un minuto dalla fine, quando ormai il risultato della finale per il terzo posto era acquisito a favore dell’Italia, non saremmo qui a raccontare la prima delle due (per ora) medaglie liguri, quella dello spadista savonese Stefano Carozzo. Il regolamento della scherma dice infatti che, per aver diritto a salire sul podio ed avere la medaglia al collo (con i conseguenti premi), non basta stare in panchina, ma occorre proprio partecipare agli assalti. Circostanza questa che, senza l’infortunio di Tagliariol, non si sarebbe verificata per Carozzo. E quindi, i maligni, a cominciare dai cronisti della Rai - solitamente abbottonatissimi e vicini alle versioni ufficiali - hanno ipotizzato che, in qualche modo, lo stiramento al quadricipite destro dell’olimpionico sia stato provvidenziale e, come dire?, generoso. Fosse vero, a Tagliariol, andrebbe una terza medaglia, quella per il buon cuore e per lo spirito di squadra. Nel dubbio, lui ha spiegato: «Sono contento di aver regalato una medaglia anche a Carozzo, se la meritava». E il savonese, di rimando: «Per me è un bronzo che vale oro. Non me la posso cavare con una cena. A Matteo, come minimo, dovrò regalare una vacanza di un mese. Entrare a freddo e partecipare alla vittoria in un momento decisivo, è stata un’emozione indescrivibile».
Certo, se a Pechino non fosse impazzita l’organizzazione delle gare veliche, saremmo qui a raccontare la medaglia di Pietro e Gianfranco Sibello, i due fratelli di Alassio che si sono presentati al via dell’ultima regata con l’oro virtualmente al collo, dopo che i danesi che erano in testa hanno dovuto rinunciare alla loro imbarcazione che aveva disalberato. E quella medaglia è rimasta tale fino quasi alla fine, quando, all’ultima boa, l’equipaggio italiano della classe 49ers, gli scriccioli del mare, ha «scuffiato», ribaltandosi e perdendo il primo posto.
Quello di cui i due alassini non si erano accorti che, in quel momento, non solo perdevano l’oro, ma perdevano persino il podio, perchè intanto i danesi erano regolarmente (regolarmente?) in gara con la barca prestata loro dalla Croazia che batteva ovviamente bandiera croata, riconoscibili (riconoscibili?) solo perchè indossavano il giubbottino danese. E, nonostante fossero staccatissimi all’ultimo posto, l’essere sul campo di regata era condizione necessaria e sufficiente per aggiudicarsi l’oro. Il problema è che nessuno degli equipaggi in gara lo sapeva e che se ne sono accorti tutti solo dopo l’arrivo, mentre chiunque festeggiava qualunque cosa in un clima da tregenda, in mezzo a nebbia, tifoni, mare agitatissimo e onde capaci di ribaltare un transatlantico, non un 49er. Poi, c’è stata la notte dei ricorsi e dell’incredibile conferma dell’oro ai danesi su barca croata, che ha tolto il bronzo ai due fratelli di Alassio. Ieri, nuovo ricorso e nuova bocciatura. Ora la parola è al Tas, il tribunale sportivo supremo, che dovrà esprimersi su tutta questa brutta e pasticciata vicenda.
E pensare che i Sibello sono molto dimagriti in vista dell’Olimpiade proprio per affrontare il mare cinese, dove era previsto vento molto debole e quindi sembravano essere favoriti gli equipaggi più leggeri. Invece, il vento è stato fortissimo, quasi devastante, e persino la dieta è stata controproducente.
Un po’ la stessa storia che ha riguardato ieri Alessandra Sensini, plurimedagliata grossetana, che però ormai è ligure d’adozione, visto che affronta le gare di windsurf o come diavolo si chiama la tavola a vela con le insegne dello storico Yacht Club italiano di Porticciolo Duca degli Abruzzi, lo stesso di Luna Rossa, lo stesso che ha portato l’indimenticata e indimenticabile Nucci Novi alla vicepresidenza della Federazione Velica Internazionale (e quella di Nucci è stata sicuramente l’assenza più sentita alle Olimpiadi). La Sensini, fino all’altro giorno era prima, ma con l’ottavo posto nella regata di ieri è scesa al secondo in classifica generale, in attesa dell’appuntamento decisivo di oggi. Ieri, in alcuni momenti, il vento era sotto i sei nodi, limite minimo per le regate. Ma poco vento avvantaggia la cinese balzata in testa e svantaggia la Sensini. Quindi, si è regatato regolarmente.


Il poco vento - a tratti quasi un refolo - non è stato invece sufficiente a fermare Diego Romero, trentaquattrenne nato a Corboda, che è tesserato per il circolo nautico di Sturla e che ha conquistato il bronzo ieri nella classe Laser, la prima medaglia italiana nella vela nelle classi tradizionali da otto anni a questa parte. Romero, ad Atene, aveva gareggiato per l’argentina, non andando oltre il dodicesimo posto. Ieri, nella stessa gara, la medaglia azzurra. Evidentemente, l’aria di Sturla fa bene.

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