Facce nuove, cognomi vecchi I «parenti di» invadono le Regioni

Volti nuovi, signore e signori, la politica si rinnova. E che importa se i cognomi sono vecchi, per la precisione quelli dei loro vecchi. La stirpe non mente, e pazienza se poi ai «figli di» si affiancano pure le «mogli e compagne e fidanzate di», lorsignori le hanno scelte e tanto vi basti a garanzia. Càpita così che lo Stivale si sia fatto tacco 12, con l’ingresso nei consigli regionali di un’armata di donne da far impallidire le quote rosa.
In Campania è andata in scena la rivincita di Sandra Lonardo in Mastella, eletta nonostante il divieto di dimorare a casa sua, Ceppaloni, causa inchiesta giudiziaria. In Lazio ce l’ha fatta Isabella Rauti, a scelta figlia di Pino o moglie di Gianni Alemanno il sindaco di Roma, insomma una che mastica politica da generazioni. In Lombardia è entrata Elisabetta Fatuzzo, nella lista dei Pensionati fondata da papà Carlo. Ma è alla Liguria che va la palma della riscossa in gonnella. Pieno di voti ha fatto Raffaella Paita, spezzina eletta col Pd, moglie dell’ex consigliere regionale Margherita e attuale presidente dell’Autorità portuale di Genova Luigi Merlo. Raccontano che ce l’ha fatta nonostante il marito, e sfoderano l’aneddoto di lui che nel tentativo di aiutarla chiama gli amici: «Conosci la Paita?». «Sì, una iena». «Sì, ecco, a parte che è mia moglie...». L’exploit inaspettato, però, è stato quello di Roberta Gasco, soprannominata «mastellina» perché fidanzata di Elio, il figlio di Clemente, e come il suocero già Udeur oggi Pdl: alle scorse elezioni era blindata nel listino del governatore Claudio Burlando, ora siede all’opposizione forte di 4.123 voti. Marylin Fusco, compagna del segretario Idv Giovanni Paladini che nel frattempo si è «spostato» in Parlamento e che l’ha «imposta» alla vicepresidenza come condizione pre elettorale. Così, nessuno ha avuto il coraggio di criticare l’elezione di Marco Scajola, che chiamano «il nipotino» causa zio Claudio, il ministro; lui del resto si è reso inattaccabile con la bellezza di 11.327 voti in quel di Imperia. Il nome aiuta, si dirà. Mica sempre, dicono loro. Michele Dell’Utri, per dire, è convinto di avercela fatta nonostante il cognome: «Non sono parente» ha ripetuto per tutta la campagna elettorale pro Mercedes Bresso in Piemonte. C’è poi la teoria di Renzo Bossi il figlio di Umberto. Il «fu trota» oggi aspirante delfino, incoronato da oltre 12mila bresciani all’assemblea lombarda, alla Zanzara di Radio24 ha spiegato che sì, nell’immediato la via è facilitata, ma sul lungo periodo il cognome può essere un boomerang, «perché da te la gente si aspetta di più». Magari minori aspettative peseranno sui «parenti di» meno noti, come Andrea Buquicchio, raro esempio di «marito di», essendo sposato con la senatrice Patrizia Bugnano dell’Idv.
Che poi, c’è cognome e cognome. Tirano ancora gli Zecchino: Ettore, figlio dell’ex ministro Ortensio, è stato eletto in Campania nell’Alleanza di centro; gli Sbardella: Pietro, il figlio dello «squalo» Vittorio, è entrato nell’assemblea laziale con l’Udc; e naturalmente i La Russa: Romano, fratello del ministro Ignazio, è stato riconfermato in Lombardia. Il cognome Levi Montalcini invece pare abbia perso charme, nonostante il Nobel: la nipote di Rita, Piera, è rimasta fuori dall’assemblea piemontese, terra dura quella se pure il ministro Gianfranco Rotondi a Torino è stato punito con 172 misere preferenze, e sì che ci metteva la faccia, mica un parente.

Bocciati anche in Lombardia Andrea Tremaglia nipote di Mirko; in Campania Angelo Gava, figlio di Antonio il «vicerè» di Napoli; in Puglia Mario Cito il figlio di Giancarlo, l’ex sindaco di Taranto che capeggiò la «Marcia su Mantova» contro la Lega Nord e poi si candidò a sindaco di Milano con lo slogan: «Voglio tarantizzare Milano», fallendo inspiegabilmente l’obiettivo. Restando nella terra di Nichi Vendola, invece, col Pd ha vinto la corsa da Barletta a Bari Ruggiero Mennea, pro-cugino di Pietro, lo spinter recordman mondiale. Buon sangue non mente.

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