Il falcone Maltese nascosto all’ombra del «Caimano»

Capita che, subito dopo l’annuncio delle cinquine dei David di Donatello, quell’amabile piantagrane di Michele Placido se la prenda con «i sacerdoti di Moretti», trovando «paradossale che un film anti-berlusconiano si risolva nell’adorazione di chi lo ha diretto, un culto della personalità alla rovescia». Placido, in gara con Romanzo criminale e attore nel Caimano, accusa Curzio Maltese di aver scritto che il cinema di Moretti, geniale e impavido, sarebbe l’unico esportabile. La polemica finisce sui giornali: solo che La Repubblica, nel darne conto, omette il nome del (suo) giornalista. Insomma, il culto della personalità morettiana viene derubricato a generico stato d’animo, sicché il lettore del quotidiano non capisce chi ce l’ha con chi.
Ora è vero che Maltese ha appena dato alle stampe un pamphlet sull’Italia odierna intitolato Come ti sei ridotto. Modesta proposta di sopravvivenza al declino della nazione, dove dipinge il Cav. come «uno psicofarmaco ambulante». Ne discende che Il caimano fosse un capolavoro ancora prima d’essere visto, il totem attorno al quale inscenare la danza della pioggia. Anche per questo Placido ha qualche ragione.

E con lui Alessandro D’Alatri, il quale, interrogato dal Corriere sul tema Moretti, parla di «ortodossia politica intellettual-talebana». Quanto a Maltese, c’è chi ricorda, nel côté cine-progressista, che qualche anno fa stroncò L’albero delle pere di Francesca Archibugi per via di quel titolo, evocante la droga. Umorale e pure perbenista?

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