RomaCi risiamo. Renato Schifani indagato per concorso esterno in associazione mafiosa a Palermo, annuncia LEspresso in edicola oggi. E ieri si è subito scatenato il vortice di attacchi, smentite, conferme, precisazioni e gesti di solidarietà. «Accuse ripetute, infami e false, destituite di qualsiasi fondamento», si difende lui.
Tutto avviene mentre il presidente del Senato si trova alle prese con il voto di fiducia a Palazzo Madama. Nella pausa del dibattito sul suo discorso programmatico, nel primo pomeriggio, il premier Berlusconi sale nello studio di Schifani per un incontro significativo. Poco dopo arriva anche la telefonata di solidarietà del presidente della Camera, Fini.
Quanto la notizia possa pesare su un quadro politico instabile è facile capirlo e dal capoluogo siciliano il capo della Procura Messineo rompe labituale riserbo sulle indagini in corso e dichiara che la seconda carica dello Stato «non è iscritto nel registro degli indagati di questa procura». Ma LEspresso invece tira dritto e conferma «lesistenza di una inchiesta iscritta questanno nel registro generale notizie di reato della procura di Palermo».
La reazione del presidente del Senato è durissima: «Sono un cittadino e un politico onesto che ha sempre combattuto la mafia con fatti e atti legislativi concreti, che hanno consentito allo Stato importanti successi nella lotta alla criminalità organizzata. Considero e ho sempre considerato la trasparenza, la correttezza umana, deontologica e professionale i principi irrinunciabili della mia esistenza».
Quando parla di accuse «ripetute» il numero uno di Palazzo Madama si riferisce al fatto che già un anno fa è stato indagato, per inchieste su appalti pilotati dalla mafia a Palermo e la sua posizione è stata archiviata. Allora, come adesso, le principali accuse arrivavano da mafiosi «pentiti». In particolare, da quel Gaspare Spatuzza che ha tirato in ballo anche il premier ed è stato da poco escluso dal programma per i collaboratori di giustizia per dubbi sulla sua attendibilità. Per il settimanale proprio da dichiarazioni fatte da Spatuzza ai pm di Firenze e da un esposto di Francesco Campanella nasce l«atto dovuto» della procura palermitana che, pochi mesi fa, avrebbe aperto un fascicolo su Schifani. Gli interrogatori in corso riguarderebbero il suo passato di avvocato civilista negli anni 90 e ipotizzerebbero un suo ruolo di collegamento tra la mafia e Marcello DellUtri prima della nascita di Fi. Per Spatuzza, Schifani avrebbe avuto rapporti con il boss Filippo Graviano, incontrato diverse volte nel capannone dellimprenditore Pippo Cosenza, di cui era legale.
Il coordinatore del Pdl Bondi sottolinea che la smentita della procura dimostra «chi sono gli autori e i manovratori della macchina del fango che avvelena il corpo politico e le istituzioni democratiche del nostro Paese». Lo difendono in tanti Schifani, dal Pdl alla Lega, parlando di «gogna mediatica»». Per Schifani cè anche una standing ovation della maggioranza in aula, quando il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri nel suo intervento invita i colleghi ad un applauso e ad un «grazie per il lavoro svolto».
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