Lo stemma nazionale dellItalia sul petto e Che Guevara tatuato sul braccio. Razzismo, fascismo e nazismo non hanno nulla a che vedere con luomo che sabato ha guidato il raid al Pigneto. Lui, il capo branco, in realtà è solo un figlio del quartiere. Lo giura Dario Chianelli, 48 anni e qualche precedente penale sulle spalle, e lo ripete uscendo dalla Questura, dove è stato ascoltato dalla Digos: «Destra e sinistra si devono rassegnare; il raid è stata una spedizione punitiva per il furto di un portafogli a una donna».
Poche parole che smontano il mare di polemiche sollevate dalla sinistra. Una vera e propria ondata che sabato scorso si è riversata sulla poltrona del sindaco Gianni Alemanno, come se il «fattaccio» fosse conseguenza diretta del suo mandato. «Dopo le rivelazioni di Chianelli la giunta dovrebbe riflettere sulla costituzione di parte civile - tuona Federico Mollicone, consigliere comunale del Pdl -. E la sinistra dovrebbe chiedere scusa al sindaco e smetterla con la cronaca fantasy». Il senatore Pdl Alessio Butti, chiede invece ai telegiornali Rai di fare ammenda «per essere stati complici della campagna di odio e diffamazione alimentata dalla sinistra». «È dovere di unamministrazione seria risolvere i numerosi problemi della città - suggerisce il consigliere comunale Fabrizio Santori (Pdl) -. Per questo è importante accantonare le sterili provocazioni della sinistra che gioca, in maniera irresponsabile, sulla pelle dei cittadini». «Non permetteremo a nessuno - gli fa eco Dario Rossin (Pdl) - di alimentare, attraverso strumentalizzazioni inaccettabili, la tensione nelle periferie romane che già vivono una condizione di disagio».
«Ciò che ha tatuato sul braccio quelluomo importa poco - persevera il leader Pd, Walter Veltroni -. Tra laltro una giornalista presente ha parlato di sciarpe con croci uncinate». In realtà a Chianelli della politica importa come dei vetri che ha frantumato nei negozi. «La politica non centra un c... Leviamola da mezzo, non mi è mai interessata - dichiara con fermezza -. Lho fatto per lo schifo che cè al Pigneto». Uno «schifo» che ha esasperato i residenti, che pur sapendo bene chi era alla guida degli aggressori, hanno preferito coprirlo.
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