Politica

Fantozzi e l’ultimo mistero dell’Alitalia

La polemica si è infiammata alla fine di novembre dello scorso anno, ma si è smorzata con sorprendente rapidità, nel giro di qualche giorno. Tutto nasceva da un’indiscrezione. Si disse: il commissario straordinario dell’Alitalia, Augusto Fantozzi, percepirebbe, per il suo incarico, 16 milioni di euro. Una cifra sbalorditiva, anche se spalmata negli anni di durata della liquidazione. Nell’arco di 48 ore vari parlamentari cercarono di ottenere smentite dal governo, poi la polemica si placò. Fu lo stesso Fantozzi ad affrontare personalmente l’argomento, anche in alcune trasmissioni televisive. Disse: «Non ho avuto ad oggi alcuna proposta né sottoscritto alcun contratto o compenso». Aggiunse: «La cifre fatte provocatoriamente circolare sono oltre che false, non basate su alcun ragionevole dato di fatto».
Un incarico alla cieca, sostenuto dall’amor di patria? È bello pensarlo. Ma non è esattamente così. Quando Fantozzi dice di non aver ricevuto proposte né sottoscritto contratti, dice sicuramente il vero, perché i compensi dei commissari straordinari sono regolati da un decreto del 1992 che contiene tutti i criteri per fissare il quantum. Il liquidatore viene pagato in percentuale sul risultato del lavoro svolto. Spiega lo stesso Fantozzi: «La tariffa fa riferimento, con valori minimi e massimi, alla massa degli attivi, del passivo, dell’ammontare dei realizzi: pertanto si tratta di grandezze che saranno note e controllate dal giudice al termine della procedura commissariale». Si tratta di conteggi molto complicati che premiano la capacità del commissario di incassare il massimo dagli asset da vendere, ma che riconoscono anche nel debito rimasto insoluto il valore del suo lavoro. Formalmente le affermazioni di Fantozzi sono ineccepibili: il suo compenso potrà essere quantificato solo alla fine del suo lavoro, che potrà durare fino a sette anni. Ma non è pensabile che egli non si sia fatto una ragionevole idea di quello che sarà la sua retribuzione, sulla base del patrimonio delle società del gruppo Alitalia e del volume dei loro debiti. Legali indipendenti che si sono esercitati su una stima di tale reddito, sono arrivati alla conclusione che esso potrebbe essere anche notevolmente più alto rispetto alle cifre fin qui circolate.
Sarebbe, in fondo, l’epilogo di una vicenda - quella della compagnia aerea pubblica - che ha sempre fatto scandalo, oltre che per i mille altri sprechi che l’hanno determinata, anche per gli stipendi dei suoi vertici. Il più chiacchierato degli ultimi anni fu Giancarlo Cimoli: il suo stipendio era di 2,7 milioni di euro all’anno.

E quando se ne andò fu «premiato» con una liquidazione di 6,7 milioni.

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