Non siano affranti i tantissimi fan di Tiger Woods se il loro idolo non ha vinto il Masters di Augusta. Certo «il fenomeno» era il grande favorito, in molti pensavano che questo per lui sarebbe stato lanno del Grande Slam (vincere i quattro tornei «major» nella stessa stagione), dellimpresa mai riuscita ad alcun professionista. Ci credeva anche lui, Tiger, che alla fine del torneo non ha avuto difficoltà a dichiarare «non sono venuto certo ad Augusta per arrivare secondo!». Tiger ha dovuto accontentarsi della piazza donore con rammarico ma riconoscendo, sportivamente, che il vincitore è stato degno del titolo e che il suo nome ben figura nellalbo doro del torneo che apre la stagione del grande golf mondiale.
Il vincitore, il nuovo Master è Trevor Immelman, ventottenne sudafricano cresciuto nel mito del grande Gary Player, amico di famiglia e suo mentore, che da sempre gli è stato prodigo di consigli e di incoraggiamenti. Una bella favola quella di Immelman: lo scorso dicembre era in sala operatoria per togliersi un tumore che non lo faceva neppure respirare. Quattro mesi dopo conquistato il suo primo major. Tre volte vincitore sul Tour europeo prima di cogliere lanno scorso il suo primo successo sul circuito americano, Trevor Immelman non è il «ragazzotto» di belle speranze. Immelman è giocatore di grande classe, determinato, tosto, con un gioco incisivo e maturo che per certi versi ricorda proprio Gary Player. Ad Augusta è andato al comando nella prima giornata e cè rimasto fino alla fine e quella «giacca verde» - che il campione uscente Zac Johnson lo ha aiutato ad indossare - gli sta proprio a pennello. Non si può dire che «è nata una stella» perché Trevor, malgrado i 28 anni, era già campione compiuto e votato ad aspirare alle vette del grande golf. Vincere il Masters contro i migliori e su di un campo abituato anchesso ad essere «il migliore» e il più selettivo non è qualcosa che capita per caso: o si hanno le carte in regola o lAugusta National ti castiga. Quindi onore a Trevor Immelman.
Torniamo a parlare del «Grande sconfitto», di Tiger. È arrivato secondo - che per lui conta poco - ma se non fosse stato Tiger poteva anche arrivare molto più indietro. Nei quattro giorni del Masters non è stato, se non a brevissimi tratti, i fenomeno che tutti conosciamo. Il suo punto debole è stato il putt - il gioco sui green - e tutti sanno che sui green di Augusta se non funziona il putter, cè ben poco da vincere: 120 putt su 72 buche sono troppi per dominare il campo georgiano. Comunque quello visto è stato un Tiger mai grintoso. Ma un grande campione lo si vede anche in questi momenti e Tiger lo ha dimostrato se solo si pensa che dal 37° posto della prima giornata è risalito sino alla piazza donore mancando solo quella carica finale sulle ultime nove buche che sono quelle che decidono da sempre il risultato del Masters. Per il resto cè da registrare la scarsa prestazione dei vari big consacrati - Mickelson, Harrington, Furyk, Els, Goosen e compagni - e lunica novità vera è stata rappresentata dal biondo americano Brandt Snedeker, giunto terzo al fianco di Cink. Ventisette anni di Nashville nel Tennessee, solo due anni fa Brandt era sul Nationwide Tour (il circuito satellite); lanno scorso sul Tour maggiore ha vinto il suo primo torneo ed è stato eletto miglior debuttante della stagione. Al suo secondo Masters (il primo lo giocò da dilettante nel 2004 quale vincitore del campionato americano dei campi pubblici) ha giocato in maniera impeccabile per tre giorni prima di andare in crisi sulle ultime sedici buche (con un eagle alla 2 aveva addirittura raggiunto Immelman al comando) sentendo la pressione di un torneo per il quale è sicuramente ancora acerbo.
Dimenticavo: Trevor Immelman ha intascato un assegno di 1 milione 350mila dollari - sui 7 milioni di montepremi - ma si sa la «giacca verde» vale molto di più della prima moneta.
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