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Federalismo, Bossi teme la fumata nera. E cerca la sponda del Pd

RomaPrima si dice «molto preoccupato», poi smorza e rassicura: «Il federalismo va avanti, piano piano. E mi pare che anche la sinistra ci dia una mano».
Proprio nel giorno in cui sta per essere piantata la prima bandierina sul federalismo fiscale, con il varo del primo decreto attuativo sui beni demaniali, Umberto Bossi suona un campanello d’allarme: «C’è molta preoccupazione - dice - stiamo cercando di partire ma sono preoccupato». Teme che la crisi e la stretta economica blocchino il parto della sua creatura? «Ma no - dice il leader del Carroccio - non è questione di soldi: quelli ci sono. Con il federalismo si risparmia».
Ma anche dall’interno del governo, su questo punto cruciale, si registrano perplessità: giusto ieri Renato Brunetta ha avvertito: «Se qualcuno mi spiega che il federalismo costa, allora dico meglio non farlo». E visto che nei prossimi due mesi si dovrebbe arrivare alla partita vera, quella sullo spostamento delle leve fiscali dal centro alle Regioni, e che a quel punto il ministero dell’Economia dovrà mettere sul tavolo le cifre e quantificare costi, risparmi e compatibilità, la «preoccupazione» di Bossi ha qualche giustificazione. Il capo della Lega fa sapere che vedrà Giulio Tremonti «appena torna dall’Europa», e preconizza una manovra economica «che sarà dura», anche se auspica che non si tocchi il prelievo fiscale «che è già molto alto nel nostro Paese».
La commissione bicamerale sul federalismo sta per dare via libera al parere che consentirà al governo di varare il decreto che devolve agli enti locali i beni demaniali. Dopo laboriose limature e un lungo dibattito, oggi - con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia - si dovrebbe arrivare al voto finale, con la probabile astensione del Pd: «Il provvedimento è stato notevolmente migliorato e con il ministro Calderoli la collaborazione è stata molto proficua», spiega il deputato del centrosinistra Francesco Boccia. «Ma alla fine la montagna ha partorito un topolino: i beni effettivamente vendibili da parte degli enti locali sono pari a 3 miliardi, su un totale di 50. Ci saremmo aspettati più coraggio». La partita grossa però si apre adesso, con l’avvio della discussione sul federalismo fiscale, e dal Pd spiegano che la Lega sta attivamente cercando la collaborazione dell’opposizione, in Parlamento e sul territorio: per questo, ad esempio, Calderoli ha dato via libera alla conferma del governatore dell’Emilia, Vasco Errani, alla testa della Conferenza Stato-Regioni. Ma l’accordo bipartisan perseguito dalla Lega rischia di non essere sufficiente per spianare la strada federalista. L’iter del secondo, e ben più pesante, decreto attuativo sulla fiscalità finirà per incrociare il cammino di una manovra che lo stesso Bossi definisce «dura», e occorrerà superare la prova dei costi.

Spiega il Pd Boccia: «Come la Lega sa bene, i freni principali finora sono arrivati dall’interno del governo, non da noi: sul federalismo demaniale il ministero dell’Economia si è messo di traverso sia sul trasferimento dei cospicui beni della Difesa, che si amministreranno a livello centrale Tremonti e La Russa creando la Difesa Spa, sia sulla richiesta di dare risorse ai Comuni per la manutenzione dei beni che non danno reddito. Se il buon giorno si vede dal mattino, il cammino del federalismo fiscale sarà tutto in salita».

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